15 Mar Once in a lifetime: Eugenio Castellotti
Il 14 marzo 1957 muore a Modena Eugenio Castellotti, di professione pilota. Eugenio poteva avere tutto dalla vita. Veniva da una famiglia agiata. Il padre, un famoso e ricco avvocato dell’alta borghesia lodigiana, lo aveva riconosciuto solo in età avanzata impegnando accanitamente tutto per quel suo tardivo affetto nel costruirgli una prospettiva fatta di studi importanti, amicizie influenti, giri giusti nella speranza di una solida e stimata professione. Ma Eugenio mal sopportava tutte quelle pressioni, quell’interesse sul suo futuro. A lui interessava l’unica cosa che quella facoltosa attenzione non avrebbe mai potuto comperare. Eugenio voleva correre in automobile. Lo aveva fatto molte volte di nascosto dal padre, arrivando anche a progettare di falsificare la carta d’identità. Si era poi rassegnato ad attendere la maggiore età e quindi, tra crescenti tensioni familiari, si era accomodato al volante di un auto da corsa senza scenderne più. Quella sorda e logorante guerra con il padre era terminata solo all’indomani della sua scomparsa nel 1959. All’alba dei vent’anni, Castellotti si ritrovò proprietario di un consistente patrimonio e finalmente libero di poter scegliere la sua strada. Così, acquistata una Ferrari, decise che la corsa automobilistica sarebbe diventata il suo mestiere. Eugenio ci sapeva fare. Aveva uno stile battagliero e aggressivo. Raramente alzava il piede dall’acceleratore. Quella che era la sua principale dote si trasformava anche nel suo tallone d’Achille perché tutta quella foga e quella giovanile esuberanza finivano spesso per non risparmiare le vetture su cui saliva. Ma quando la meccanica, le gomme e il motore reggevano, in pista non ce n’era per nessuno. Arrivarono così i primi podi e i primi successi e con essi la fama e la notorietà. Eugenio si fece conoscere e stimare da tutto il giro ma fu in particolare con Alberto Ascari che nacque una grande amicizia sia in pista che fuori. Fu in nome di quella amicizia che Eugenio propose a un convalescente Alberto di provare la sua Ferrari a Monza, fu in nome di quella reciproca stima che Ascari accettò. Eugenio gli prestò guanti e casco e Alberto scese in pista ma non percorse che pochi giri, nell’ultimo dei quali ad attenderlo alla curva del Vialone trovò un fatale e tragico destino. La tragedia di Ascari lo segnò profondamente. Ciò nonostante tornò a correre più forte di prima ma le sue gare sembravano però stregate. Così Eugenio dovette spesso fare i conti con ritiri, rotture, incidenti e persino qualche mal digerito ordine di scuderia che gli impose di dare strada a colleghi più avanti in classifica generale. Decisamente meglio andò con le vetture sport con cui vinse una bagnatissima Mille Miglia e la 12 Ore di Sebring. Poi il destino ricominciò a tessere le sue trame e Eugenio si innamorò di una bravissima e promettente stella del palcoscenico. Quella con Delia Scala fu una relazione intensa e travagliata sia per le loro complicate vite ma anche per l’aperta ostilità di sua madre. Le cose sembrarono più volte precipitare e fu allora che Eugenio prese la decisione più importante della sua vita. Si sarebbero sposati sul finire di quell’anno, del 1957, e l’avrebbero fatta finita con quella vita assurda consumata a rincorrersi tra palchi e box. Lei avrebbe lasciato per sempre il teatro, lui i circuiti. Ma tutti quei buoni propositi erano minacciati ogni giorno dalle loro instabili passioni e da quella stessa straordinaria voglia di bruciare la vita che li aveva fatti incontrare. Così, dopo l’ennesima notte in bianco trascorsa a litigare, un nervosissimo Eugenio si mise in auto per varcare l’appennino e presentarsi di buona mattina sul circuito di Modena per provare la nuova Ferrari 801 cercando di strappare il record sul giro stabilito da Behra. Chissà cosa accadde, chissà a cosa stava pensando quando, in piena curva, la sua vettura finì per rimbalzare malamente su un cordolo rovesciandosi pesantemente sull’asfalto ad oltre duecento chilometri all’ora. La sua vita e quella di Delia si spezzarono sconsolatamente alle 17.19 di quel 14 marzo 1957. Le esequie furono solenni. Vi parteciparono tutti. Gli amici, i parenti, i piloti che aveva sfidato e tutto l’affezionato pubblico che aveva fatto sognare. Mancava solo Delia. Non avrebbe potuto resistere a tutto quel dolore. Quella sera andò in scena con la morte nel cuore e quell’ombra ad attenderla dolcemente per tutta la recita e il resto della sua dolorosa e complicata esistenza.