29 Mar Once in a lifetime: Carlo Petrini
Il 29 marzo 1948 nasce a Monticiano, in provincia di Siena, Carlo Petrini, di professione calciatore. La storia di Carlo sembra uscita dalla penna di uno scrittore cresciuto sulle pagine dei classici centellinando toni e registri diversi, lacrime e poesia, gloria ed emozioni, genio e sregolatezza, dramma e riscatto, in una serrata alternanza di ascese e cadute, errori e salvifiche redenzioni. Perchè di questo infine si è trattato, perchè proprio questa è stata la sua esistenza, prematuramente conclusasi nell’aprile di tre anni fa per una di quelle patologie che colpiscono gli ex calciatori con ricorrenza quantomeno sospetta. Carlo la sua vita l’ha vissuta sfrontatamente, fino in fondo. Era un attaccante e attaccava, in campo come nella vita. Carlo adorava i gol come l’urlo e gli applausi delle curve. La sua pareva una carriera splendidamente avviata lungo l’asse Milano – Genova – Torino, ma il destino, gli infortuni, gli scivoloni di un’età ancora acerba, qualche colpo di testa e le solite incomprensioni gli fecero perdere qualche coincidenza di troppo. I treni buoni passarono infatti anche dalle sue parti, ma purtroppo Carlo non riuscì a prenderli, e la vita, a quell’età, può davvero mostrarsi crudele se la sorte non si mostra benevola. Quel calcio era un mondo ruvido e chiuso in cui scivolare nell’ombra era ben più semplice di quanto si potesse pensare. Bastava poco, qualche scambio male interpretato, una frase di troppo, un ghigno o due risate mal poste. Se era il fuoriclasse a sbagliare riusciva comunque a cavarsela ma se l’incidente di percorso capitava a uno dei tanti giovani di rincalzo le porte cominciavano a chiudersi alla stessa velocità con cui bisognava fare le valigie. Ed era proprio allora che le recriminazioni e lo strisciante rancore per le occasioni perse diventavano l’anticamera di sciagurati affari e facili scorciatoie. In anni di ingaggi magri e rose corte, la prospettiva di un futuro incerto, il fiato corto del temuto declino e il gelo della panchina non lasciavano molte alternative ai calciatori e Carlo, come peraltro molti suoi compagni, finì per scivolare in un universo parallelo fatto di patti e combine, di rischiose operazioni finanziarie, di medici senza scrupoli, di stravizi, di allibratori e di ordinaria malavita. Petrini venne così coinvolto nello scandalo del calcio-scommesse e fu tra i pochi di quel nutrito gruppo a pagare sul serio, rimediando una condanna e una lunga squalifica che misero fine alla sua carriera. Quel marchio continuò poi a tormentarlo anche nella sua successiva vita, quella imprenditoriale, che si sviluppò attorno ad una vorticosa spirale di scelte avventate e infelici, di investimenti azzardati ed amicizie pericolose. Carlo dovette scappare dall’Italia inseguito dai creditori, da gente poco raccomandabile e dalla giustizia. In quell’esilio solitario conobbe la malattia, la paura e, infine, l’atroce dolore per la morte del giovane figlio, al cui capezzale non riuscì a giungere in tempo. Fu quella la goccia finale, fu da lì che prese tutta la forza per tornare a guardarsi allo specchio, vuotando il sacco su tutte le miserie di quel mondo ipocrita di cui era stato uno dei massimi protagonisti. I suoi libri, in particolare la toccante autobiografia “Nel fango del dio pallone” e il libro inchiesta “Il calciatore suicidato”, dedicato alla tragica e misteriosa morte del calciatore del Cosenza Donato Bergamini, ebbero il merito di squarciare il velo posticcio e fastidioso, raccontando il “dark side” dell’Italia pallonara. Ma le sue scomode verità non scalfirono se non in superficie il mondo del calcio che comunque si affrettò, in ogni occasione, a distruggerne la credibilità. Ma non era certo quella la preoccupazione di Carlo. Perchè di errori e sbagli Petrini ne aveva commessi davvero tanti nella sua esistenza. Ma poi aveva cercato di riprendersi quel poco che gli era ancora rimasto, giusto qualche anno in più di vita e un pezzo della dignità che aveva perso per strada. E questo rimane, senza dubbio, l’aspetto più coraggioso e umano della sua discussa parabola.