22 Giu Once in a lifetime: Louis Chiron
Il 22 giugno 1979 muore a Montecarlo Louis Alexandre Chiron, di professione pilota automobilistico. Louis aveva fegato, grande tensione, stile, come peraltro richiedeva l’ufficiale iconografia dell’epoca e, soprattutto, un foulard a pois che sventolava al vento per la gioia delle giovani signore. Guidare negli anni in cui lo ha fatto Louis non era solo una questione di curve e traiettorie e nemmeno di forza fisica, peraltro decisamente necessaria per governare un siluro lanciato su strade incerte ad trecento chilometri orari. Per guidare all’epoca di Louis bisognava possedere un’inscalfibile forza di volontà. Perché, quando il pilota si accomodava al posto di guida, doveva fare i conti con un universo violentemente ostile: gli avversari, il rumore, la prospettiva, la vibrazione, la polvere, il tempo, la pista, la gravità, l’attrito e tutto quello che il mondo gli spediva incontro a quella velocità.
Louis con la forza di volontà ci era cresciuto. I temerari che stringevano il volante di auto di quel genere erano persone speciali, fuori dal comune, decisamente al di sopra della media. Quelle doti di intelligenza e volontà, quei portentosi riflessi li avrebbero fatti emergere in qualsiasi altro campo avessero scelto di gareggiare. Chi decideva di giocare con la vita dalla stretta prospettiva di una vettura lanciata alla massima velocità doveva imparare a fidarsi ciecamente di se stesso contemperando audacia ed esperienza. Proprio questa fu la principale specialità di Louis che prese la vita sempre da angolazioni diverse.
Chiron incarnava lo spirito del primo novecento. Era nato a pochi mesi dallo scoccare del nuovo secolo ed aveva vissuto i primi anni di vita abituandosi ad un mondo mutevole e febbrile che andava rapidamente incontro a grandi cambiamenti. Suo padre aveva un buon impiego e manteneva al meglio la famiglia. Faceva il maitre in un lussuoso albergo del principato monegasco ed, in qualche maniera, tutta la tensione ideale di quella facoltosa clientela, quella vita leggera, veloce e intensa, filtrava dai suoi racconti e si accomodava a cena facendo compagnia al piccolo Louis. Un giorno dopo l’altro, quella vita diventò ai suoi occhi la migliore possibile. Accadde così che Chiron crebbe i suoi anni migliori vicino ma anche irrimediabilmente distante da un mondo altero e bizzoso che respirava avventura e modernità.
La prima guerra mondiale lo portò, appena maggiorenne, sulla linea del fronte a respirare la polvere da sparo e l’odore dei cannoni. Ben presto, però, Louis convinse i superiori di poter fare altro e di meglio per servire la patria, magari guidando quelle strane carrozze a motore che coprivano rapidamente i chilometri di strade infangate tra Parigi e e la prima linea. Fu così che il destino offrì a Louis un volante cambiandogli la vita. Quella sua temeraria perizia lo portò, in pochissimi mesi, dal grado di artigliere a quello di autista con il delicato incarico di pilota personale del Maresciallo Philippe Pétain, l’eroe di guerra che, vent’anni più tardi, spingerà la Francia nelle braccia della Germania nazista scrivendo, con la Repubblica di Vichy, una delle pagine più buie e vergognose della storia transalpina. Quando il conflitto termina, di lì a pochi mesi, Louis torna a Monaco con idee piuttosto chiare ma ben pochi soldi.
Le passioni di Chiron, al pari delle risorse personali, però, sono molteplici e, dopo una serie di piccoli lavori, trova un nuovo palcoscenico su cui esibire il proprio talento diventando in pochi mesi un apprezzato ed applaudito ballerino professionista. Siamo ormai entrati negli anni venti e quel mondo volatile apprezza la rivista e il varietà almeno quanto le corse d’auto. La sua fama cresce al pari del suo charme e non c’è locale cittadino che non ne richieda le esibizioni. Chiron scopre di piacere e di poter contare su un numeroso seguito femminile. Louis conquista così i favori di una ricca donna americana che spalanca le porte giuste per trovargli un buon volante e farlo correre nelle competizioni ufficiali. La sua ruota incomincia così a mettersi in movimento e, l’anno successivo, tocca addirittura ad Alfred Hoffmann, noto magnate dell’industria farmaceutica, offrirgli una Bugatti Tipo 35, alla cui guida arrivano le prime affermazioni. Con i primi podi sarà la volta anche di fama ed applausi. Suggeriscono i maligni che anche quel volante fu frutto di un’altra delicata liaison dangereuse consumata con la moglie di Hoffmann, ma tant’è.
Da lì in avanti, comunque, sarà una continua progressione. La vita di Louis in pista e fuori si farà ogni giorno più avventurosa, saltando tra monoposto. circuiti, camere d’albergo, feste alla moda e alberghi di lusso. Correrà sino al 1958 per i colori della Mercedes, dell’Alfa Romeo, della Lancia e della Maserati, lottando spalla a spalla con alcune autentiche leggende dell’automobilismo, come Nuvolari, Caracciola, Varzi e Campari, passando, inoltre, alla storia come il pilota più anziano ad aver mai partecipato ad una gara di Formula 1, per l’occasione, proprio il Gran Premio di Monaco del 1955, corso alla bella età di 55 anni, 9 mesi e 19 giorni. Dalle parti di Montecarlo rimarrà per sempre un mito assoluto e dopo il ritiro dalle gare andrà a ricoprire, per più di un decennio, il prestigioso incarico di direttore di gara del Gran Premio.
Per ricordare la sua incredibile vita, le sue fughe e le sue vittorie, gli organizzatori monegaschi gli hanno dedicato una curva del tracciato, la tredicesima, quella della sorte, che vira a sinistra tra il “Tabaccaio” e le “Piscine”. La curva che porta il suo nome è uno dei tagli più eccitanti ed impegnativi dello storico circuito cittadino, veloce e rapido come il suo stile, come il vento e quel suo vezzoso fazzoletto a pois che spuntava in rettilineo da sotto il caschetto a salutare le folle dispensando alle tribune il profumo stordente di un vertiginoso futuro.