21 Dic Once in a lifetime: Lorenzo Bandini
Il 21 dicembre 1935 nasce a Barce, in Libia, Lorenzo Bandini, pilota per passione e professione. Lorenzo, giovane promessa dell’automobilismo, ha sfidato la velocità in anni difficili e sfortunati, finendo per fare i conti con una rocambolesca serie di rotture e ritiri che ne minarono fatalmente fiducia e credibilità. Quel destino incerto si accompagnò indissolubilmente ai suoi tratti caratteriali, ne governò gli eccessi, ne permeò i rovesci e ne guidò persino le traiettorie sino al più tragico degli epiloghi.
Un fulminante esordio
Eppure gli esordi erano stati dei migliori. Lorenzo era approdato all’agonismo nel 1956. Fu il suocero, Goliardo Freddi, a intuirne tutte le potenzialità. Gli mise a disposizione la sua FIAT 1100 TV bicolore e lo incoraggiò a correre. Nonostante i primi piazzamenti non fossero propriamente all’altezza delle aspettative, Lorenzo non si perse d’animo e cercò di fare esperienza. Il primo successo in carriera arriva solo due anni più tardi, ma è uno di quelli che entrano nella storico. A bordo di una Lancia Appia Zagato, Bandini corre infatti la “Mille Miglia” e conquista il podio nella categoria Gran Turismo. Le cose cominciano a girare per il verso giusto e le vittorie nelle corse in salita e sui circuiti cominciano a imporne il nome all’attenzione generale. E’ su quest’onda lunga di risultati positivi che la Scuderia Centro Sud gli offre un volante nella massima categoria. Sarà una difficile stagione e dovrà spesso fare i conti con un mezzo non proprio all’altezza delle aspettative. Ciò nonostante, per Lorenzo è una fantastica occasione per mettere in mostra la sua grinta e il suo valore. Prima o poi, confida, qualcuno se ne accorgerà.
Lo sfortunato sodalizio con Enzo Ferrari
A farlo rapidamente fu Enzo Ferrari che l’anno successivo gli offre il volante della 156 ed il ruolo di seconda guida. Per Lorenzo è un sogno, il coronamento di una lunga rincorsa. Ma un singolare numero di circostanze sfavorevoli e le evidenti difficoltà della casa di Maranello al cospetto di vetture più veloci e preparate come Cooper, BRM e Lotus hanno spesso la meglio. In sei anni al volante delle “rosse” Bandini si aggiudica un solo Gran Premio, quello d’Austria del 1964, pur andando moltissime volte in testa al gruppo, pur guidando da fuoriclasse e mostrando fino in fondo il suo limpido talento. Purtroppo senza molta fortuna. Lorenzo viene tradito da una lunga serie di incidenti fortuiti, guasti inspiegabili, rotture del motore o dalla fragile meccanica della sua monoposto.
Una sorte assai poco benevola
Anche il tragico epilogo della sua carriera, che lo attende impaziente sul porto di Montecarlo, nel tardo pomeriggio di una domenica di inizio maggio del 1967, si consuma all’ombra dell’ennesimo rovescio sfortunato. Mentre guida con autorevolezza il Gran Premio con un sicuro distacco sugli inseguitori finisce in testacoda a causa dell’olio lasciato in pista dalla vettura di Jack Brabham perdendo la posizione e moltissimi secondi. Lorenzo è furioso per l’ennesima ingrata svolta del destino. Riparte innervosito in terza posizione, dietro Hulme e Stewart. Deve recuperare, ma la pista e il traffico non lo aiutano. Lorenzo guida costantemente al limite cercando di strappare secondi ai piloti che lo precedono ma le curve e la proverbiale tortuosità del tracciato non agevolano i sorpassi mettendolo fisicamente a dura prova. Inoltre, deve fare i conti anche con ostici doppiaggi che gli fanno perdere tempo e pazienza.
Quella maledetta chicane
Così, all’82esima tornata, provato dalla lunga rincorsa, stizzito dalla censurabile condotta ostruzionistica di Rodriguez e Hill, Bandini piomba a tutta velocità alla chicane del porto, quella subito dopo il tunnel, nello stesso punto del circuito che, solo un anno prima, aveva segnalato a John Frankenheimer, regista di “Grand Prix”, come quello più pericoloso e scenografico dove inscenare un incidente. Lorenzo vi arriva in pieno, in quinta marcia. Inspiegabilmente non tocca nè il cambio nè i freni che, forse per l’ennesimo guaio tecnico della sua sfortunata carriera, non rispondono ai comandi. La Ferrari numero diciotto va tragicamente lunga, travolge le barriere e si capovolge rovinosamente addosso alle balle di paglia prendendo immediatamente fuoco. I soccorritori impiegano troppo tempo per intervenire e spegnere le fiamme. Quando finalmente girano la vettura lo sfortunato pilota giace ustionato e privo di conoscenza nell’abitacolo. La situazione appare sin da subito disperata e, nonostante un lungo intervento chirurgico, la giovane vita di Bandini si spegne settantadue ore dopo, il 10 maggio 1967. Per la prima volta nella storia delle corse automobilistiche, il dramma viene coperto da una lunga diretta televisiva, entra nelle case degli italiani e scuote profondamente le coscienze.
Una beffarda serie di coincidenze
Come molti piloti di quell’era, anche Bandini era scaramantico e fatalista. Si era convinto da tempo che sarebbe morto giovane e mostrava grande attenzione ai numeri per cercare di cogliere i presagi sfavorevoli. Dava bado al sette, al tredici e al diciassette. In particolare Lorenzo faceva attenzione alle serie, quelle che ricorrevano sospettosamente. Negli ultimi anni, da vezzo quell’accanimento numerico si trasformò un una sorta di ossessione, in una singolare sfida al caso che questa volta parve davvero accanirsi beffardamente. La moglie Margherita così riassunse le incredibili coincidenze che portarono al tragico epilogo. “È accaduto il 7 maggio 1967, Lorenzo correva da 7 anni in Formula 1, alle 17 e 7 minuti era nella scia di Hulme, a 17 secondi di distacco quando mancavano 17 giri alla fine. Ci misero 17 minuti a portarlo all’ospedale, passò 72 ore di angoscia nella stanza numero 7, fu portato a Milano con un Boeing 727, volo 607. La tomba di famiglia non era ancora pronta e per 17 giorni la sua salma dovette rimanere al deposito del Monumentale. Fu quindi sepolto al campo 7, loculo 7 mentre il certificato di decesso dell’ospedale Principessa Grace di Montecarlo riportava il numero 7747”.