18 Mar Once in a lifetime: Costante Girardengo
Il 18 marzo 1893 nasce a Novi Ligure Costante Girardengo, ciclista per professione. Il suo nome richiama il complesso apparato iconografico di un’era lontana, un’epoca di forti contrasti che bruciava sogni e speranze al sacro fuoco della modernità. Costante abitava il suo tempo. Ne era un’inquilino nervoso e inquieto. Girardengo pareva trovare ristoro solo quando affondava i piedi sui pedali della sua bicicletta. Per arrivare primo sotto lo striscione del traguardo, per l’ebbrezza della celebrità, per rimanere anche solo pochi centimetri davanti alla ruota della storia.
L’epica sfida con Dorando Pietri
Quinto di quattro fratelli e tre sorelle, una volta terminate le scuole elementari, Costante prese a rimbalzare tra una lunga teoria di piccoli lavori prima di comprendere che la bicicletta, sin lì rimasta poco più di un ordinario mezzo di locomozione, sarebbe diventata il punto di equilibrio della sua intera esistenza. Nonostante lo avesse forse intuito, Girardengo vide con chiarezza il suo futuro solo all’esito di un singolare e spavaldo duello. Cose del genere non erano certo desuete in quegli anni affollati di promesse. Capitava spesso che le piazze regalassero brividi ed emozioni offrendo singolari parate di forme d’arte varia spalancano finestre su mondi altri e immaginifici. Costante era un ragazzo troppo curioso, troppo scaltro e vivace da non lasciarsi tentare da quel richiamo. La sua sprezzante e impertinente arroganza lo spinse così ad accettare quella strampalata sfida tra uomo e bicicletta. Quella folle idea era venuta al grande maratoneta Dorando Pietri che aveva deciso di prendere di petto quello strano progresso meccanico a due ruote offrendo una ricca posta a chi fosse riuscito a compiere due giri della piazza del mercato prima che lui ne avesse terminato uno di corsa. La scommessa di Dorando non sembrava così temeraria, stando almeno all’esito dei primi tentativi. Poi, però, si era presentato quel baldo ragazzotto. Costante saltò sulla sua bicicletta e cominciò a vorticare un’insensata e stupefacente velocità. Vinse per netto distacco e sfilò così di tasca al marciatore emiliano le due lire messe in palio. Fu in quel giorno fortunato che Costante comprese che l’elementare meccanica delle due ruote, fatta di raggi, corone e catene ma anche di tanta fatica e sudore, poteva persino diventare un lavoro.
La bicicletta, la sua vita
Nello spazio di un bagliore la bicicletta diventò la sua vita. Fu così che, a soli sedici anni, spinto da un’insaziabile voglia di vincere e di far vedere al mondo tutte le sue atletiche doti, cominciò a gareggiare con i più forti ottenendo immediatamente riscontri importanti. Nonostante la natura gli avesse donato le misure contenute di un agile fantino, la statura agonistica di Girardengo era quella di un gigante. Costante era un nevrile fascio di muscoli che si incollava alle ruote degli avversari con l’insana abilità di un acrobata e la gelida astuzia di un diavolo. In pista come su strada, tra polvere e pioggia, Costante controllava sempre la situazione giocando di rimessa, nascondendosi tra le maglie e le camere d’aria e risparmiando energie che impiegava solo negli ultimi metri. Girardengo divenne infatti uno spietato maestro dello spunto più letale che dispensava, con sprezzo e regale superiorità, quando si era ormai in vista dello striscione dell’arrivo, tagliando le gambe ed i sogni ai ciclisti più competitivi. Perché Girardengo teneva il meglio di sé sempre alla fine.
Un letale sprint
Grazie a quel modo di interpretare la gara, divenne un idolo delle folle. Le sue volate strappavano emozioni ed applausi. Girardengo impressionava per la facilità della pedalata e per quel modo rabbioso di scappare via in progressione senza lasciare spazio e ossigeno agli inseguitori. Girardengo era un assoluto fuoriclasse, un cliclista fuori dal tempo. Ebbe probabilmente un’unica grande sfortuna, quella di mettersi a pedalare nel decennio sbagliato, nel secondo del secolo breve, in quello più tragico e difficile. Avesse cominciato a farlo solo dieci anni dopo, il mondo intero sarebbe caduto ai suoi piedi. Ciò nonostante fece in tempo ad incidere il suo nome nell’albo dei più grandi. Nel suo ricco carnet campeggiano infatti molti titoli e diverse classiche: due Giri d’Italia, sei “Milano-Sanremo” e ben nove campionati italiani. Parafrasando una grande firma di quegli anni, Girardengo “correva, non faceva altro”. Costante gareggiò da professionista sino al 1936. Quando smise di farlo aveva ormai 45 anni.
Venticinque volte il giro della Terra
In carriera, Costante coprì più di 950 mila chilometri, compiendo per oltre venticinque volte il giro della Terra. Girardengo fu il primo “campionissimo” delle due ruote. Oltre a forza e intensità, aveva dalla sua una strisciante e tumultuosa irregolarità. Era quella a suggerirgli i comportamenti più plateali e ad incoraggiare qualche discutibile frequentazione. La sua leggenda si costruì attorno al modo altezzoso con cui regolava i conti. Perché Costante illudeva e incoraggiava i suoi avversari inducendoli con il calcolo e la provocazione ad impegnare tutte le energie in lunghe e dispendiose fughe solitarie, a cui metteva fine negli ultimi chilometri frustrandone così ogni speranza. Costante frequentò mondi diversi e reali, badando bene di rimanervi sempre ai margini. Attrasse per questo gli interessi e le attenzioni di molti. Anche quelle del celebre bandito Sante Pollastri, suo concittadino e tifoso, che, durante la latitanza parigina, non resistette dal contattarlo in segreto per confidargli i macabri retroscena di una vita di sangue consumata tra omicidi, assalti, furti e rapine. Anche in questo caso, Girardengo tenne fede alla sua attitudine e, nonostante le assicurazioni date, rivelò immediatamente il contenuto della conversazione alla polizia francese fornendo utili dettagli per la sua cattura. Pollastri finì così in prigione mentre Girardengo si rassegnò, suo malgrado, ad entrare nel mito popolare per via di una presunta e mai provata contiguità con il mondo del crimine.