24 Apr Once in a lifetime: Rolf Stommelen
Il 24 aprile 1983 muore a Riverside, California, Rolf-Johann Stommelen, di professione pilota automobilistico. Ai grandi curvoni preferiva sempre le compressioni, ai rettilinei le chicane strette e velenose, perché Rolf era un renano d’acciaio avvezzo a domare la vertigine della velocità dalle pendenze più pericolose, dai saliscendi del Nurburgring, dalle gobbe insidiose di Le Mans o dai leggendari tornanti delle Madonie. Stommelen aveva frequentato un’epoca dei motori arrembante e artigiana, in cui per farsi largo servivano fegato, muscoli e un volante appena decente. Rolf era un pilota veloce e duttile, un outsider che aveva imparato ad adattare il proprio stile di guida alle vetture e alle competizioni. Andava forte in pista come sui tracciati stradali, nelle gare secche come nelle lunghe cavalcate delle corse di durata. Fu così che le prestazioni lo imposero all’attenzione delle principali case tedesche, della Porsche in particolare, impegnata a contendere ad altri prestigiosi marchi il Mondiale Endurance.
La leggenda di Le Mans e della 917L
Nel 1969 Stoccarda punta infatti su di lui per portare la 917L a Le Mans perché conoscono bene sia la sua velocità che quella straordinaria perizia. Nonostante gravi difetti progettuali, l’instabilità della vettura e quel muso che puntava pericolosamente il cielo in rettifilo, Rolf e il compagno Ahrens conquistano, tra le polemiche, la pole position con uno stile di guida talmente temerario da guadagnarsi uno speciale capitolo negli annali delle corse. Quei giri di pista spesi a lottare con le lancette dei secondi ma anche e soprattutto con la gravità e le leggi della fisica sono diventati patrimonio della storia, la testimonianza di una straordinaria abilità. Perché per Rolf guidare era ben più di un’attitudine. Sembrava piuttosto frutto di un talento acrobatico, un’abilità che non si impara ma che si avverte a pelle e che scorre nel sangue, nelle vene e nei muscoli.
Un protagonista delle gare di durata
Stommelen si rivela da subito un pilota perfetto per le gare di durata. Non è solo veloce ma anche affidabile e mostra di saper gestire al meglio il mezzo, rimanendo al proprio posto in squadra per dare sempre il massimo con coraggio e prontezza di riflessi. Per tutta la lunga carriera, Rolf non alzerà mai il piede dall’acceleratore. Non da quello, infatti, dipenderà la sorte, quanto, più singolarmente, da una discussa superficie aerodinamica, l’alettone posteriore, che fa la differenza ai trecento chilometri all’ora e che mantiene le vetture al suolo guadagnando aderenza e secondi. Rolf e la fortuna non si presero molto. Le sue stagioni in Formula Uno furono complesse e travagliate. Mancò infatti alcuni importanti appuntamenti per le solite bizze imperscrutabili del tempo e si ritrovò così a guidare monoposto nervose, critiche e difficoltose. Fu alla guida di una di queste, la Lola del team di Graham Hill, che giocò una prima volta con la sorte, su un circuito drammaticamente pericoloso, in uno dei più controversi Grand Prix della storia delle corse. Quella domenica 27 aprile 1975 al Montjuïc, in un budello d’asfalto incastrato tra le colline di Barcellona, tra proteste e polemiche, accadde di tutto. Quel tracciato ripido e stretto sembrava fatto apposta per esaltare il suo talento. Rolf va così in testa alla gara e ci rimane sino alla tornata numero venticinque, quando la vettura perde improvvisamente l’alettone in pieno rettilineo staccando l’ombra da terra per rimbalzare tra le reti ai lati della pista e terminare il volo in mezzo al pubblico seminando morte e alla disperazione. Quattro persone perdono la vita mentre Rolf se la cava con gravi fratture a entrambe gli arti inferiori.
Il conto del destino
La massima serie offrirà ancora qualche buona annata ma senza regalare mai quei piazzamenti che avrebbe meritato. Nelle stagioni successive, sul finire del decennio d’oro degli anni Settanta, finirà a pilotare anche per Brabham, Hesketh e Arrows senza guadagnare le chances che avrebbe meritato. E’ per questo che Rolf si dedica con sempre maggior intensità alle gare di durata, diventandone un assoluto protagonista. Ma la sorte è ancora in agguato, in attesa di chiudere i conti. Era lì a ricordargli le questioni in sospeso e a recuperare il credito che gli aveva concesso nel corso di tutti gli anni precedenti. Durante la “6 Ore di Riverside”, valida per il Campionato IMSA, mentre è al volante della Porsche 935 del team Fitzpatrick, che sta dividendo con Derek Bell, il destino lo attende all’imbocco di una curva veloce, una di quelle da fare in pieno, senza paura o pensieri. Ancora una volta è l’alettone posteriore a prendere congedo staccandosi di netto dalla scocca per rimbalzare alto in cielo. La sagoma biancoblu della Porsche sbanda impazzita senza più controllo finendo contro le barriere con un angolo di impatto che non lascia purtroppo alcun scampo. Rolf muore sul colpo. La sua stagione si chiude così, drammaticamente, all’esito dell’ennesimo sfortunato incidente, senza alcuna responsabilità se non quella di essersi accomodato sul sedile sbagliato nella gara sbagliata al momento sbagliato. Perché poi a tessere la tenue trama delle cose, per quanto provvedano coraggio, determinazione, intuito e ragione, rimane solo il caso e la giostra impazzita delle sue singolari e beffarde ricorrenze.