08 Mag Once in a lifetime: Gilles Villeneuve
L’8 maggio 1982 muore a Lovanio, in Belgio, Gilles Joseph Henri Villeneuve, di professione pilota. Per un pilota è importante avere cuore. Quello di Gilles si era abituato a fronteggiare stress e fatica. Il cuore di Villeneuve era un cuore forte, gentile e sensibile, attrezzato ad ogni evenienza meccanica e geometrica. Perchè Gilles di mestiere portava bolidi al limite e pure oltre. Perché Gilles aveva imparato a volare anche senz’ali, dando confidenza alla vertigine delle emozioni. Era grazie ad essa che riusciva ad entusiasmare le folle pur senza conquistare titoli e podi. Ma in quel suo instabile universo mobile, effimero e potente, un punto fermo era comunque necessario, qualcosa a cui assicurare il futuro. L’ancora di Gilles era la sua parola. Perché chi sfida la velocità sa che un patto va rispettato, sempre e comunque, a tutti i costi. Perché venirvi meno significherebbe tradire le regole e la propria natura. Significherebbe fermare il battito del proprio cuore.
Un cuore tradito e abbandonato
Il cuore gentile di Gilles cessa di battere alle ventuno e dodici di un sabato di gara, dopo un gravissimo incidente avvenuto nel pomeriggio sul tracciato di Zolder, sulla discesa che immette alla Terlamenbocht, la curva del bosco, negli ultimi minuti delle prove ufficiali del Gran Premio del Belgio. In realtà, però, il suo cuore aveva smesso di battere già da qualche tempo, da due settimane per la precisione, dal precedente week-end di gara, a Imola, sul Santerno, in una magnifica domenica di festa e di sole. Si era stancato di quel moto perenne durante gli ultimi giri del Gran Premio di San Marino. Per la prima volta nella sua carriera, e forse della sua stessa vita, Gilles si era sentito tradito e abbandonato. Quell’instancabile muscolo si era ammutolito dopo quanto era appena successo in pista. Gilles era rimasto solo. Non tanto per l’atteggiamento scorretto del suo esuberante compagno di squadra che aveva violato un patto, quanto piuttosto per il pesante silenzio del suo secondo padre, di Enzo Ferrari in persona. Con quella silenziosa, burbera e carismatica ombra, Gilles aveva costruito nel corso degli anni un legame vero e profondo, fatto di stima, amicizia e, forse anche, di affetto. Era un sentimento di rispetto e comprensione che andava ben oltre il freddo codice della sua professione.
Il silenzio di Enzo Ferrari
A fronte di quello che era appena accaduto tra le curve del Santerno, Gilles si sarebbe atteso una decisa presa di posizione. Si sarebbe atteso la stessa ferma reazione che nei suoi primi anni di Ferrari aveva purtroppo sperimentato. Perché, da quando aveva memoria, con il Drake non si scherzava. Ma, invece, a Imola e nei giorni successivi era accaduto qualcosa di singolare. Perché, nonostante Pironi avesse palesemente violato ogni direttiva ingaggiando con lui una pericolosa battaglia finendo infine per sorpassarlo del tutto temerariamente, all’ultimo giro, in una girandola di emozionanti sorpassi, Ferrari scelse il silenzio, senza schierarsi né difenderlo come egli avrebbe preteso. Perché, dopo diverse stagioni garibaldine, Gilles aveva messo la testa a posto. Era maturato imparando dagli errori. Nelle ultime gare non aveva corso rischi inutili, non aveva commesso imprudenze, non era decollato nè era finito fuori pista a causa di qualche improvvido azzardo. Soprattutto, non aveva fatto quanto il suo cuore gli aveva suggerito. Gilles non aveva sbattuto Pironi nella sabbia della chicane.
Dalla parte della ragione
Questa volta Gilles si sentiva davvero dalla parte della ragione. Aveva fatto la sua parte sino in fondo e attendeva solo un po’ di quell’autorevole tutela che Ferrari aveva, in passato, zelantemente riservato ai suoi precedenti compagni. Dopo periodi difficili era finalmente giunta la sua occasione. Gilles sentiva che quello sarebbe stato il suo anno, quello del titolo che inseguiva da tempo. Ma il Vecchio non prese posizione. Rimase in silenzio, dietro la scrivania e i suoi occhiali scuri, in attesa di capire che giro avrebbe fatto il vento. Quella domenica 25 aprile 1982, su una terrazza inondata dal sole, la luce imbronciata e cupa di Gilles aveva iniziato lentamente a spegnersi affogando in un periglioso oceano di rabbia, recriminazioni e amarezza. Da quel giorno Gilles si sarebbe sentito libero di assumere la condotta di gara più opportuna, fosse anche quella più egoistica e spericolata. Da quel giorno Gilles avrebbe corso un campionato diverso, nonostante Ferrari, nonostante la scuderia e nonostante Didier Pironi.
Il dramma di Zolder
Quel fatidico sabato 8 maggio a Zolder, negli ultimi drammatici minuti di una difficile sessione di qualifica, Gilles sta combattendo contro la malasorte. Deve recuperare terreno. Il suo è un tentativo disperato perché manca poco alla conclusione delle prove. La monoposto è nervosa e non risponde come dovrebbe. Pare per una questione di pneumatici usurati, forse anche per qualche azzardata decisione d’assetto. Ha staccato un tempo decisamente inferiore alle aspettative. E’ solo ottavo, abbondantemente alle spalle del compagno di squadra Pironi. Deve provarci, deve tentare, anche se le coperture sono ormai al limite, anche se la vettura fatica a recuperare trazione. Serve un colpo da maestro, una delle sue tante magie.
Una banale incomprensione
Gilles si butta così nella mischia a caccia del tempo inseguito da tutte le ombre e i fantasmi che da un po’ di tempo si tiene in scia. Una banale incomprensione con Mass, un millesimo di esitazione e la sua Ferrari 126 C2 tampona violentemente la March del tedesco. Le ruote anteriori finiscono su quelle posteriori del tedesco. E’ una maledetta catapulta. La Ferrari di Gilles prende ancora una volta il volo e ricade più volte disastrosamente in un drammatica piroetta di detriti, gomme, parti meccaniche, speranze e affetti. Il piccolo grande aviatore di casa Ferrari si congeda così, nel modo più tragico e fatale, fendendo per l’ultima volta l’orizzonte. Gille se ne va come avrebbe desiderato, in piena azione, al volante di una monoposto e staccando il muso da terra, come capita solo ai migliori piloti ed a chi sfida i propri limiti. Gilles prende quell’ultimo volo senza guardarsi alle spalle, lasciando un vuoto incolmabile in tutti i suoi tifosi.