30 Gen Once in a lifetime: Rudolf Caracciola
Il 30 gennaio 1901 nasce a Remagen Otto Wilhelm Rudolf Caracciola, di professione pilota automobilistico. Rudolf faceva il pilota ben prima che le auto mangiassero la polvere delle strade ed i sogni di una generazione. Rudi correva da sempre, probabilmente sin dal primo giorno della sua vita perché, come lui stesso amava ribadire, “guidatori lo si è solo per destino, mica per scelta”. In effetti, il giovane Rudi, figlio d’albergatori, i motori cominciò a frequentarli sin da subito, da ragazzino, scorrazzando a tutta velocità sul battello di famiglia su e giù per le acque del Reno. Singolarmente furono, però, le sponde a catturare la sua attenzione ed a spingerlo a cercare la velocità da un’altra parte, sulla strada, al volante di uno di quei pesanti e rumorosi bolidi.
Un pilota di gran classe
Rudolf aveva natali illustri. Era il quarto figlio di Maximilian e Mathilda. I suoi genitori gestivano da decenni il prestigioso Hotel Fürstenberg, sorta di istituzione locale. I Caracciola venivano da Napoli. Erano approdati in Renania durante la Guerra dei Trent’anni per motivi strettamente legati all’accademia, alla ragion di stato, all’etichetta e al prestigio militare. Al principe Bartolomeo Caracciolo fu infatti assegnato il comando della Fortezza di Ehrenbreitstein vicino a Coblenza e la famiglia mise per parecchie generazioni radici profonde in quella fertile terra di confine trasformando in seguito l’originario spirito in una vocazione imprenditoriale. Per Maximilian anche Rudi avrebbe dovuto raccogliere il testimone di quella tradizione, ma nulla riuscì invece a distrarlo dal suo rumoroso destino.
Una scienza inesatta
Rudi divenne rapidamente un pilota tra i più bravi e veloci. Trattava le monoposto da gran signore, con classe limpida e sopraffina almeno quanto la sua linda tuta bianca, dall’alto di un sistema di guida che stava esattamente a metà tra il freddo raziocinio di Varzi e l’inconsulta follia di Rosemeyer. Per Caracciola l’automobilismo era una scienza inesatta a cui ci si doveva avvicinare con rispetto e coraggio, dall’alto di un nobile sentimento che sembrava contemplare la sanguigna passione di Nuvolari e l’esemplare freddezza di Fangio. Rudi fece carriera. Vinse tantissimo ottenendo affermazioni clamorose e bruciando diversi record di velocità. Al volante era elegante, asciutto, preciso e straordinariamente efficace soprattutto quando iniziava a piovere. Si guadagnò così il titolo di “mago della pioggia” proprio perché, in quel contesto instabile e scivoloso, dava il suo meglio riuscendo a governare gli elementi grazie a traiettorie pulite e lineari, dominando il powerslide con un controllo magistrale. Fu quell’incredibile sensibilità di guida a toglierlo spesso dalle situazioni e dagli impicci più critici. Anche per questo divenne autentica leggenda.
Un uomo dai nervi d’acciaio
Rudolf si adattava facilmente a qualsiasi vettura o tracciato. Era una sorta di metronomo meccanico in grado di realizzare lunghe sequenze di giri di pista staccando tempi simili ed omogenei. Aveva infatti un rendimento costante e regolare, grazie al quale teneva testa a tutti gli avversari più titolati, da Nuvolari a Chiron, da Campari a Varzi. Il vero vantaggio però derivava dal suo temperamento di ghiaccio. Rudi reagiva infatti all’imprevisto con estrema razionalità e nervi d’acciaio. Anche quando era braccato dagli inseguitori o li doveva rincorrere, Caracciola non si scomponeva mai e si mostrava calmo e misurato in ogni frangente, dominando tutti i 700 cv di quei mostri meccanici. “Caratsch” aveva una calma antica che lo salvò da tre disastrosi incidenti, a Monaco, Indianapolis e Berna: si tenne stretta la vita pur pagando un alto prezzo. Il primo gli costò un’asimmetria di cinque centimetri alla gamba destra, il secondo dodici giorni di coma, il terzo un femore sbriciolato e la paralisi di un ginocchio. Grazie anche a un’ostinata caparbietà, Rudi riuscì incredibilmente a riprendersi tutte le volte tornando in pista come fosse la prima volta. Ma il vero dramma della sua vita si consumò lontano dalle monoposto e dai fumi di scarico. Durante la convalescenza per il grave incidente di Montecarlo, mentre soggiornava nel suo chalet sulle Alpi Svizzera, una bella mattina di sole incoraggiò la riluttante e bella compagna ad uscire sugli sci. Rudi la spinse ad andare, a distrarsi. Gli avrebbe fatto bene. Charly tentenna ma alla fine si lascia convincere. Purtroppo non farà più ritorno. Una valanga di enormi proporzioni la porta via per sempre gettando Rudi nel dolore e nel baratro dei sensi di colpa. Ancora una volta la sua tempra di combattente gli farà rivedere la luce del sole ma l’ombra della moglie e di quella vita prematuramente spezzata gli terrà compagnia sino all’ultimo dei suoi giorni.
Una storia di primati e vertigini
Il suo nome rimarrà per sempre iscritto nell’albo d’oro della velocità per diversi primati realizzati sia su pista che su tracciato stradale. In quella frenetica era di vertigini, Rudi ingaggiò con il connazionale Rosemeyer una leggendaria ed aspra lotta per contendersi il primato. Il 28 gennaio 1938 quel duello trovò infine drammatico esito. Sul tratto autostradale che collega Francoforte a Darmstadt Caracciola e Rosemeyer si sfidano per il primato. A bordo dell’ingombrante Streamliner, un missile da 750 cv, Rudi riesce ad abbattere l’incredibile barriera dei 430 km/h di media sulla distanza del chilometro lanciato. Rosemeyer tenta allora di rispondere immediatamente al record lanciandosi sul medesimo tratto, ma la sua Auto Union perde tragicamente aderenza finendo fuori pista e uccidendolo sul colpo assieme al sogno di quella straordinaria avventura.
Pilota per istinto
Rudi corse per trent’anni quasi sempre a bordo delle Mercedes (anche se nel 1932 entrò a fra parte, per una sola stagione, della squadra rossa dell’Alfa Romeo) conquistando tre titoli europei Grand Prix, l’equivalente dell’attuale Formula Uno, e dominando più volte i leggendari Gran Premi dell’Avus, del Nurburgring e, primo pilota straniero di sempre, la Mille Miglia del 1931. Alla fine totalizzò 149 vittorie e 32 piazzamenti. Fu u uno dei più grandi piloti di sempre, un titano, una vera forza della natura, perfetta armonia di tensione fisica, concentrazione, forza d’animo e emozioni. Nonostante i rischi corsi a bordo delle monoposto e il pericolo di quella sua quotidiana sfida, il destino volle regolare i conti altrimenti. Rudolf scompare infatti all’età di 58 anni per le conseguenze di una grave malattia epatica. Al pari del grande Nuvolare, il suo triste esito suonò singolare e beffardo per un uomo che aveva sfidato i limiti dallo stretto abitacolo di ogni tipo di bolide. “L’uomo è guidatore così come è cacciatore. Per istinto, per un impulso più profondo di quanto si pensi. Ho sempre odiato quei ragazzotti che siedono al volante soltanto per il guadagno. O si è guidatore per destino, o non lo si è.”