16 Lug Once in a lifetime: Dave Kunst
Il 16 luglio 1939 nasce a Waseca, Minnesota, Dave Kunst, viaggiatore per missione. Di tutte le singolari gare che ingaggiamo con i nostri limiti, le più affascinanti rimangono quelle che si presentano casualmente al nostro cospetto e che, a prima vista, ci sembrano troppo folli, bislacche, fragili e temerarie per non essere colte.
Un intero giro del globo terrestre
Come, ad esempio, quella che si scelse Dave Kunst, che, in una radiosa mattina di giugno del 1970, uscì di casa, accompagnato dal fratello John e da un piccolo mulo di nome Willie, su cui aveva caricato il necessario, con l’intenzione di camminare ad oltranza sino a compiere un perfetto e intero giro del globo terrestre. Al camminare il tempo ha, via via, attribuito significati diversi. Se nell’antichità l’andare a piedi era considerato il modo più naturale per spostarsi, nella nevrotica era moderna al calare dei piedi si sono invece associate visioni escatologiche, scelte epocali o opzioni radicali. Sull’alternarsi dei passi qualcuno ha finito pure per costruirci uno stile di vita e un pensiero critico, buono per ridare alla vita ritmo e significato. Fuor di metafora, camminare ci costringe a considerare le cose nella loro prospettiva originaria. L’andare a piedi ci obbliga a vedere le cose mondane dal loro punto di vista umido e schiacciato, quello stesso della terra che ci ospita e su cui ci imprigiona la gravità. Camminare ci costringe a scegliere, a rinunciare e a selezionare. A crescere, in altre parole. Perché il cammino sottende sempre l’essenziale. Ci aiuta a trovare consapevolezza e, con essa, il nostro posto nel mondo. Ci spinge a viaggiare all’andatura più adatta alle nostre esigenze, ci invita a prendere coscienza di tutte le nostre risorse e, soprattutto, di tutti i nostri limiti.
Andare oltre
Ma camminare significa anche andare oltre valicando profili, linee immaginarie e confini, sconfiggendo la gravità e la politica sino a rendere porose e permeabili quelle frontiere che gli uomini e la ragion di stato hanno costruito con la logica della forza e dell’interesse. Procedere sulle proprie scarpe, passo dopo passo, aiuta a rimettere ogni cosa al proprio posto, a distinguere le sovrastrutture aeree dalle radici, le cose importanti da quelle effimere, il necessario dall’inutile. Si cammina per un sacco di motivi: per tenersi in forma o dimagrire, per espiare o riflettere, per non pensare o discutere, per prendere qualche rischio, per respirare, per vivere. Non esiste nessun’altra attività, motoria o intellettiva, più essenziale del procedere sui propri passi, del camminare. Nessuna.
Un viaggio impossibile
Probabilmente proprio a questo deve aver pensato anche Kunst che si scelse davvero un viaggio impossibile e mai tentato prima. Un viaggio nel viaggio. Per andarsene dal suo passato e cercare qualcosa che gli svelasse tutta la grandezza di questa nostra avventura. Dave avrebbe attraversato, passo dopo passo, le terre emerse lungo un’ideale traiettoria che collegava la contea di Waseca, nel Minnesota, a Manhattan, l’Europa all’Asia Minore, il Sud Est Asiatico al continente americano. Gli ci vollero 4 anni, 3 mesi e 16 giorni per completare quel periplo. Il giovane Dave alla fine percorse le quattordicimila miglia del tragitto consumando qualcosa come ventuno paia di scarpe, logorate e bruciate da oltre venti milioni di passi. In quell’epico viaggio Dave conobbe la fatica e il caldo, il sole e la pioggia, la neve e la grandine, i brividi e la paura, la solitudine e persino la tragedia della morte, quella del fratello John, colpito a morte da alcuni banditi in un’imboscata sulle montagne dell’Afghanistan. Dave reagì a tutto come un eroe omerico, come un greco antico e come anche la sua famiglia che, pur nel dolore di una perdita così straziante, si mobilitò per dargli una mano. In un’incredibile staffetta, toccò all’altro fratello, Pete, correre in suo aiuto per accompagnare da lì in avanti il suo cammino.
Dalle piste agli sterrati
Dave ha letteralmente girato il mondo percorrendo ogni tipo di terra emersa, di via e sentiero, dalle piste agli sterrati, dalle banchine alle strade. Ha visitato piazze e cortili, ha salutato campagne e città, scivolando tra passato, presente e futuro. Passò anche per l’Italia, che attraversò volgendo lo sguardo ad oriente, lungo l’ideale direttrice che collega Genova a Trieste e al resto del mondo, perdendosi nelle bellezze di Milano, Verona e Venezia. Da lì Kunst prese per i Balcani e la Grecia, puntando quindi verso l’Iran, l’Afghanistan, l’India e l’Australia, sino a baciare le coste del Pacifico. Dei mille e più luoghi da cui transitò si portò via sempre qualcosa, le esperienze belle come quelle brutte, i divieti di accesso e i quartieri pericolosi, i ripidi passi montani come le discese: tante persone, tante storie e tanti volti, compresi quelli travisati di un pugno di malviventi che andavano a caccia di denaro ma che, sciaguratamente, si portarono via solo la vita di suo fratello.
Un nuovo inizio
Alla fine del viaggio, dopo aver toccato quattro continenti e tredici Paesi, dopo aver raccolto le speranze, le confidenze, i sorrisi e le lacrime di centinaia di persone, arrivò anche il momento del rientro a casa. Non fu, però, un ritorno, quanto piuttosto un nuovo inizio. Perché Dave non era più quello che era partito quattro anni prima, quel giovane insofferente in fuga dalla famiglia, dalla monotonia, dalle regole e dalle costrizioni. Perché i viaggi cambiano sempre la vita delle persone, perché quella che pensiamo sia la nostra traiettoria privata in realtà appartiene a tutti coloro che abbiamo conosciuto e salutato, con cui abbiamo condiviso anche solo un pensiero o un’emozione e che ci hanno infine raccontato una piccola insignificante storia che adesso cammina con i nostri stessi passi.