02 Mar Once in a lifetime: Leonardo Sciascia
L’8 gennaio 1924 nasce a Racalmuto Leonardo Sciascia, futuro scrittore, saggista e poeta. Ci sono due cose nella vita di Sciascia che mi hanno sempre colpito e tutte e due coincidono, in qualche modo, con la fine della storia, non con il suo inizio. Perchè nello stesso giorno in cui prese congedo da questo mondo, il 20 novembre 1989, Adelphi diede alle stampe una delle sue opere brevi più memorabili, una storiella morale che faceva pace con il suo passato e il suo percorso, con l’idea dell’esistenza e il mistero delle radici, con l’idea di comunità civile e di responsabilità. Lì dentro c’era tutto quanto. “Una storia semplice” raccontava, a dispetto del titolo, una storia enorme e complicatissima che in realtà si faceva piccola, semplice ed esemplare nella sua suprema ed intima lucidità. Perchè in quelle righe il maestro e il suo spirito libero e indipendente erano riusciti a racchiudere l’intera sciagurata trama di un Paese, le oscure stanze del potere, gli affari riservati, la negligenza colpevole delle istituzioni, la meschinità delle cose umane e la mancanza di rispetto per sè e gli altri. In quel conciso e perfetto sviluppo narrativo, Sciascia vi aveva scolpito e radicato la profonda esigenza etica del senso di giustizia quotidianamente insidiato dallo suadente sciabordio dell’indifferenza, dal perbenismo e dalla ottusa banalità del male. A differenza di altri suoi immensi capolavori come “Todo Modo” o “Il contesto”, “Una storia semplice” è una ricostruzione riavvolta che guarda al futuro dall’alto di una diversa percezione, distaccata ma senza più alcuna fatalità, anzi con la forza e la muta certezza di un cambiamento difficile ma comunque inesorabile: una sorta di ammonimento, di speranza, augurio o testamento. Proprio le questioni del suo lascito terreno ci conducono direttamente all’altra cosa che mi colpì della sua straordinaria avventura. Un’altra cosa piccola e semplice, parafrasandolo. Perchè Sciascia stese di pugno queste scarne lettere: «Ho deciso di farmi scrivere sulla tomba qualcosa di meno personale e di più ameno, e precisamente questa frase di Villiers de l’Isle-Adam: “Ce ne ricorderemo, di questo pianeta”. Così partecipo alla scommessa di Pascal e avverto che una certa attenzione questa terra, questa vita, la meritano.»