19 Apr Once in a lifetime: Billy Meredith
Il 19 aprile 1958 muore a Manchester William Henry Meredith, di professione calciatore. Parlare di mavericks, di geni sfrontati, “cavalli pazzi” e calciatori irregolari al cospetto dell’inquieto panorama del football britannico della fine dell’ottocento è cosa assai azzardata. Quel mondo di gentiluomini in mutandoni trattava infatti la sfera di cuoio in mondo meno compassato e più diretto del rigido e conformista protocollo sociale che caratterizzava quell’epoca, pronta a tuffarsi nelle braccia del modernismo. Quello strano e accanito consesso viveva la sfida calcistica con uno spirito pienamente amatoriale e tendeva ad accapigliarsi sull’interpretazione dei regolamenti senza badare troppo a comportamenti eccentrici e singolari.
Nel 1892, l’anno in cui Billy fa il suo esordio ufficiale, il calcio era nel bel mezzo di un cambiamento epocale. Stava diventando adulto e popolare, riscuotendo un sempre più ampio interesse e radunando folle enormi di tutti i ceti e le estrazioni. La prima stagione delle elite universitarie era ormai dietro l’angolo e ai prati verdi dei college si erano sostituiti i primi stadi. Meredith veniva da un piccolo centro minerario del Galles, dove lavorava sin dall’età di dodici anni. Aveva imparato a giocare studiando le abili mosse dei suoi fratelli, in particolare del talentuoso Sam già avviato ad una solida carriera professionistica. Ma nonostante il calcio fosse diventato il principale passatempo di molti operai, il lavoro alla miniera non lasciava tempo per altro. Fu uno sciopero, quello del 1893, a consentire al giovane Billy di provare quella strada accettando un ingaggio con il Chirk che gli permise di portare a casa quel tanto che bastava per sopravvivere.
Billy si fa subito notare per l’agilità e intelligenza tattica. In quel calcio decisamente ruvido e maschio Meredith si sottrae al controllo, scivola sulle punte, anticipa gli avversari, li prende in controtempo nascondendo la palla ed evitando i contrasti. Billy ha un suo modo di stare in campo: provoca regolarmente i difensori, mastica spavaldamente uno stuzzicadente, presidia la fascia laterale tenendosi ben alla larga dalle mischie, ha un fantastico controllo di palla e uno scatto bruciante che non perdona. Ma, tra tanti altri, Billy ha un pregio assoluto: gioca davvero per la squadra regalando palloni d’oro ai compagni che vanno così regolarmente a segno. Le grandi squadre professionistiche lo cercano, ma la madre pretende che continui a lavorare in miniera. Alla fine la spunta il Manchester City, i cui emissari devono sudare le proverbiali sette camice per convincerlo. Per tutto il primo anno Billy continuerà però a lavorare alla Black Park Colliery presentandosi puntuale il sabato mattina al Maine Road per la partita settimanale. In quella prima stagione diventa il bomber della squadra, alla seconda gli affidano addirittura la fascia di capitano. Billy rimane ai Citizens per dodici anni conquistando una F.A. Cup e due promozioni. E’ l’anima ribelle del club, un giocatore amato dal pubblico e rispettato dai compagni che segna moltissime reti ma che non esita anche a mettere in luce atteggiamenti aggressivi e ritorsivi che vanno talvolta ben sopra le righe. il City sfiora il titolo che sfuma maldestramente all’ultima partita stagionale con l’Aston Villa. Billy è accusato di essere l’autore di un tentativo di corruzione. La gigantesca rissa a fine partita innesca uno scandalo mediatico e un’inchiesta ufficiale che gli costerà una lunga squalifica.
Nel frattempo cambia maglia e quartiere e si trasferisce ai cugini dello United, dove rimarrà undici stagioni conquistando tutti i trofei possibili, dal titolo nazionale alle coppe. Il suo passato e le dure lotte sindacali dei tempi della miniera lo spronano ad organizzare le rivendicazione dei colleghi calciatori. Billy fonda così la “Player’s Union” e vi si mette alla testa, rappresentando le ragioni dei suoi colleghi in materia di tetti salariali e tutele. Tornerà quindi poi all’amato City a chiudere la carriera per una manciata di stagioni, scendendo in campo per l’ultima volta, in occasione della semifinale di Coppa d’Inghilterra con il Newcastle, all’età di 49 anni e mezzo. Il “Mago gallese” rimarrà nella storia non solo per le sue stravaganze, le discussioni, le brucianti serpentine e una longeva carriera ma anche per la singolare doppia militanza mancuniana che ne fa una leggenda calcistica di un’intera città, compiendo l’impossibile miracolo di mettere d’accordo, una volta tanto, i tifosi di City e United.