02 Mar Once in a lifetime: Johnny Lydon
Il 31 gennaio 1956 nasce a Londra John Joseph Lydon, di professione cantante e front man. Descriverlo, come ha fatto per anni buona parte della critica musicale, come una personalità dirompente è stato decisamete eccessivo, ma presentarlo, dall’altro lato, come uno sciocco e inconsapevole arrivista è stato invece del tutto riduttivo e ingeneroso. Perchè in realtà Johnny Rotten, suo emblematico pseudonimo degli esordi, si è comunque rivelato, in quegli anni di confuse pulsioni, un brillante ed eccentrico visionario. Se buona parte dell’intuizione estetica del punk si doveva allo straordinario senso dell’orientamento di Malcolm McLaren, Lydon ebbe però il merito di tracciare la rotta su cui dirigere tutta quella radicale provocazione. Perchè Johnny era abilissimo nell’usare la propria immagine ma anche e soprattutto nel giocare con le parole, nell’usare gli slogan e nel rendere ancora più aggressiva quella sua irriverente furia iconoclasta. Perchè, a dispetto dei miti, Johnny non era affatto un rozzo selvaggio ma aveva un’eclettica personalità e una solida cultura musicale che metteva radici nel tessuto suburbano del reggae e dell’art-rock. Anche per questo e per la sua crescente autonomia creativa i Sex Pistols divennero velocemente una mina vagante destinata allo scioglimento. Se i singoli della band sono entrati nella storia, buona parte del merito è suo, perchè lui era il detonatore pubblico, quello che accendeva la miccia e quello che si faceva regolarmente censurare, facendo guadagnare fama e celebrità al resto della band. Ma ancor più della breve parabola del punk fu il dopo, il sequel, a farlo entrare negli annali enciclopedici. Perchè, smessi i panni di Rotten, Lydon interpretò lucidamente quell’elettrizzante senso d’urgenza e quella carica utopica che si aggirava per l’Europa in cerca di interpreti. La successiva avventura dei Public Image Ltd si rivelò infatti fondamentale per la sorte e lo sviluppo di tutto quello che sarebbe accaduto dopo e che finì per deflagrare poi in centinaia di derive stilistiche. I Pil aprirono magistralmente la grande stagione del post-punk, trasformando quelle spinte in tensioni ritmiche innovative sino a mescolare umori lirici e ossessioni rumorose, incroci dub-funk con i primi striduli inserimenti sintetici, batterie risonanti con chitarre caustiche e nervose. Lydon e i suoi Pil entrarono così nel futuro sperimentando forme musicali radicali e claustrofobiche e soluzioni estetiche d’avanguardia, come, ad esempio, il design disruptive del famoso “Metal Box”, straordinaria provocazione post-modernista. Lydon, divenuto negli anni anche un apprezzato artista espressivo ed un quotato pittore, è rimasto un lucido visionario ed ha continuato a combinare magnifici danni marcando la sua contagiosa irregolarità anche in ambiente televisivo.”Non ho tempo per le bugie e le farneticazioni, e neanche voi dovreste averne.”