02 Mar Once in a lifetime: Cesare Maldini
Il 5 febbraio 1932 nasce a Trieste Cesare Maldini, di professione giocatore e allenatore. Maldini ha percorso un’incredibile parabola durata cinquantadue anni in cui ha interpretato il calcio ai suoi più alti livelli. Il suo stile, la sua eleganza, quel suo modo di fare schietto e genuino, capace di accendersi improvvisamente salvo scusarsi poi con cortesia l’istante successivo, ne hanno fatto una delle figure italiane più peculiari e di spicco. Maldini veniva da un calcio signore, maschio e gentile, robusto e agile, di grande tecnica e stile. Cesare era un gigante. Giocava da ultimo uomo davanti al portiere, faceva il libero, qualche volta il mediano. Aveva un grande pregio tattico, perchè interpretava il ruolo in modo dinamico. Maldini aveva il raro dono, appartenuto ai più grandi, a fuoriclasse come Baresi, Scirea, Krol e Tricella, di intuire e leggere per tempo la manovra avversaria. Possedeva i tempi giusti per giocare di anticipo spezzando le trame opposte per far ripartire la squadra. Qualche volta rischiava oltre il lecito per l’eleganza commettendo qualche “maldinata” e consegnando così agli avversari campo e marcature. Ma poi per gli errori saldava sempre il conto e si riscattava velocemente. Cesare è il primo interprete moderno del ruolo, è il valore aggiunto della Triestina, prima, e del Milan di Rocco, poi, con cui vivrà alcune delle più belle stagioni rossonere di sempre, tra trofei, titoli e grandi soddisfazioni. Ma, su tutto, Maldini è stato l’erede spirituale del Paron, delle sue idee e del suo calcio. Per questo e per la sua capacità di “vedere” il gioco, il Paron, terminata la carriera attiva, lo volle con sè in panchina a fare il secondo. Anche perchè Cesarone era uomo squadra, l’uomo dello spogliatoio, quello che gestiva i rapporti, gli sbuffi e i mal di pancia, pur sempre con cortesia e deteminazione. Cesare divenne l’ombra, l’alter ego di Nereo. quello che allenava il Milan dal campo, quello che si faceva avanti e ci metteva la faccia ogni volta che era necessario. Maldini non guidava solo le sue squadre dalla panchina, ma le motivava, le tendeva paternamente come un elastico per caricarle in vista del risultato. Per questo, nonostante tattiche e moduli che guardavano spesso al passato, il suo è stato un calcio di grande modernità, fatto di trame e materia umana, di classe ed emozioni. Nella sua storia è stato molte cose: giocatore, capitano, allenatore, direttore tecnico, papà di Paolo e osservatore. La sua lunga carriera ha conosciuto anche l’onore della maglia azzurra, non solo come giocatore, ma anche come secondo di Bearzot in Spagna nel 1982 e come allenatore nella sfortunata spedizione francese del 1998. Ma in azzurro Cesarone è stato soprattutto il grande protagonista di uno dei più bei decenni del calcio giovanile, guidando l’Under 21 alla conquista di tre incredibili titoli europei. “Anche se hai un grande talento, senza volontà non vai da nessuna parte. E’ una questione di vocazione, passione, fame e motivazione. Ogni giovane dovrebbe avere dentro un’irresistibile voglia di realizzarsi e di arrivare in cima. Ovunque, non solo nei campi da calcio.”