21 Giu Once in a lifetime: Pipilotti Rist
Il 21 giugno 1962 nasce a Grabs, in Svizzera, Elisabeth Charlotte Rist, di professione videoartista. Il suo nome d’arte racconta un destino e la decisiva influenza della televisione degli anni sessanta. Perché, se Lotti era il soprannome che gli avevano dato mamma e papà Rist, quello di Pipi glielo avevano, invece, appiccicato gli amici, quale eredità di lunghi pomeriggi passati davanti alla televisione a ridere e sognare con le gesta libertarie della sua eroina, quella terribile ragazzina dai capelli rossi, libera, indipendente e senza genitori, da quel lungo e curioso nome di “Pippilotta Viktualia Rullgardina Succiamenta Efraisilla Calzelunghe”. Quel riferimento non è casuale. Con il senno di poi sembra un chiaro segnale della sorte, un tiro di dadi fortunato, una presagio, perché i tratti ribelli, selvaggi e creativi di quella eroina saranno gli stessi che abiteranno anche le giovani inquietudini di Elisabeth, la quale, da adulta, sfiderà gli schemi rigidi, i tabù, i pregiudizi e la superficialità utilizzando le armi del talento e dell’intelligenza, dell’ironia e di un graffiante e iconoclastico nonsense.
L’impronta visionaria e onirica di quel fortunato serial televisivo racconta quindi anche tutta la sua delicata arte, il “tenero teppismo” con cui l’artista svizzera indaga ogni grado di suggestione emotiva. I suoi video e le sue installazioni multimediali sono infatti la proiezione di una dimensione interiore fatta di desideri ed emozioni, a cui si accede solo se ci si lascia trasportare dai sensi, dalla visione, dal colore e dai contenuti ipnotici, sensuali e impalpabili. I suoi lavori presidiano il confine ambiguo che separa il sogno dalla realtà, si snodano lungo quel filo sottile che corre tra l’evasione fantastica e il risveglio del quotidiano. Le sue opere sono pura esperienza sensoriale che immergono lo spettatore in un continuum di musica ed elementi scultorei, performance art e poesia. Nelle sue mirabili installazioni la visione è puro istinto, ritmo battente, scandito da scale cromatiche, da lunghi piani dettaglio e da colori che virano sempre verso toni accesi, come il rosso scarlatto, ad esempio, suo principale e affezionato feticcio.
Il suo è un punto di vista singolare e curioso che non ha paura di citare l’arte contemporanea, la pop culture e le tensioni letterarie, mescolando tra loro ingredienti distanti, ingannando le forme e scavando nell’alone dei ricordi lontani, in un mondo mesmerico e bambino in cui raziocinio e sensualità stavano sempre dalla stessa parte, nello stesso perimetro espressivo. Quell’universo ribelle e adolescente, evocato dal nome, è un punto fermo dei suoi viaggi visivi; un approdo lontano e incantato, un filtro, spesso velato di malinconia, che ci fa vedere il nostro attuale mondo quale dovrebbe o vorrebbe essere, attraverso la purezza di una fiaba o di un racconto, dalle fantasmagoriche peripezie del Gulliver di Swift alla natura ostinata e rigogliosa del Corsaro Nero di Emilio Salgari. “Ho deciso che il mio lavoro doveva dare speranza”, spiega, “pur senza ignorare il dolore, la malinconia e la paura. Ho deciso che le mie opere dovevano dare un senso di sollievo e leggerezza, una sorta di fuga in avanti in forma di rituale.”
Tutte le opere della Rist sembrano lavorare all’interno di questi lievi registri, nel tentativo di recuperare emotività, significato e spiritualità alla dimensione del corpo. Il suo eden è quasi sempre femminile, lirico e coinvolgente. La sua è una scelta precisa.”Le donne hanno fatto grandi passi avanti, ma l’immaginario che dovrebbe accompagnare questi processi ancora non c’è.” Tocca quindi a lei cercare di colmare e occupare quel vuoto che ovunque, nel mondo del lavoro, della società e della cultura come pure anche dell’arte e della letteratura, rimane enorme. Elisabeth lo fa con intelligenza e determinazione, con furbizia e originalità, senza mai scendere nell’ovvio e nel banale.
La sua arte combatte tutti i cliché di genere apertamente e in maniera diretta, senza scomodare astrattismi concettuali o ardite architetture del pensiero. I suoi video giocano con la sorpresa e la rottura dei codici espressivi, tornando spesso sui temi della memoria corporea e dell’escapismo adolescenziale, dell’inconscio percettivo e delle sue derive emozionali.
Elisabeth è un’artista completa, sensibile, moderna, radicale e alternativa. Le sue videocreazioni affascinano, turbano e rapiscono grazie ad una potente miscela di ritmo e poesia e ad un utilizzo sottilmente sovversivo della telecamera e del montaggio, che assicurano sempre esperienze di grande impatto, creative, audaci e folgoranti. Con le sue installazioni visive, Pipilotti ci ricorda tutta la straordinaria grandezza dell’arte contemporanea e le sue smisurate potenzialità comunicative.
«Ho sempre considerato il video come il più meraviglioso contenitore delle mie paure, dei miei desideri, del mio subconscio. Per questo non ho mai capito perché queste immagini devono avere confini precisi. Quando chiudo gli occhi la mia immaginazione vaga libera. Allo stesso modo voglio creare una videoarte senza limiti. E scoprire nuovi modi di immaginare il mondo, sia esterno che interiore»