05 Lug Once in a lifetime: Walter Gropius
Il 5 luglio 1969 muore a Boston Walter Adolph Gropius, di professione designer, urbanista e architetto. Walter aveva una precisa idea di come tutta la creatività umana dovesse impegnarsi nella costruzione del futuro. Su quell’idea aveva lavorato per molti anni. Gli sembrava una cosa naturale e non comprendeva i motivi di tante divisioni e dispersioni. La sua era una visione originale e inclusiva, aperta e pronta a misurarsi con il ritmo del quotidiano. In quel sentiero non vi era spazio per deviazioni o svolte in proprio. In quel fluire armonico l’architettura, la scultura e la pittura stavano assieme, facevano parte della stessa risposta alle stringenti necessità degli umani, al loro bisogno di certezze e funzionalità.
Quell’idea divenne il manifesto del Bauhaus, il movimento che avrebbe stravolto canoni e convenzioni costringendo il mondo a venire a patti con la filosofia moderna di un’arte totale, pervasiva, collettiva e plurale. Era un’idea efficace e radicale, innovativa e temeraria. Guardava al domani con occhi nuovi, ponendosi come sfida quella dell’integrazione tra le più distanti manifestazione espressive e artistiche. In quell’idea di futuro non esistevano barriere, generi o confini. Nel mondo utopico ma anche estremamente reale di Gropius l’architettura si poteva dire tale solo se mirava a risolvere tutte le necessità e le aspettative della vita. Ecco perché non poteva fare da sola. L’architettura non riusciva nemmeno a giustificare scelte o visioni che avrebbero invece avuto bisogno di un contesto ed un perimetro più ampio. E in quell’area si agitavano non solo tante e diverse discipline emergenti, come la fotografia, la grafica, la pubblicità, il design, la tipografia e il disegno industriale, ma anche tensioni e idee che andavano ostinatamente nella direzione opposta a quelle propugnate dall’emergente ideale nazionalsocialista.
Quell’idea incontrò infatti grandi difficoltà, pratiche e ideologiche, economiche e politiche. Gropius attraversò tutta la parabola del movimento, passando dagli esordi negli anni della dura crisi che attanagliò il sogno di Weimar all’aperto ostracismo dell’establishment, dalla problematica gestione economica della scuola di Dessau sino ai turbolenti e difficili rapporti con il nazismo, ormai in fatale ascesa. Ciò nonostante la Bauhaus rimase per più di un decennio la casa della sperimentazione e della contaminazione, un laboratorio di crescita personale, dove l’artista non rimane isolato dal contesto, ma abita il presente e la società in cui vive, svolgendo un’essenziale funzione sociale, educativa e di guida autorevole.
Gropius non ne rivestì solo i panni di fondatore e direttore. Walter fu la vera anima di quelle pulsioni sociali e pedagogiche, il motore e il cuore del progetto. Ebbe grandi intuizioni, riprese e attualizzate poi, nel corso dei successivi cinquant’anni, da urbanisti, architetti, analisti e politologi. Perché nelle trame di quella visione respirava la modernità, il ruolo e il valore dell’artigianato e della manifattura, l’essenza universalistica di un progresso industriale che doveva improntarsi a criteri di economicità, razionalità ed efficienza ma che, al contempo, doveva guardare all’uomo, alla cultura, al suo coinvolgimento corale ed estetico. Gropius era un alchimista della geometria. Giocava con i materiali, le rette, la profondità, i vetri ed i colori. Osservava attentamente i profili della natura, le sue linee e le sue curve e le piegava docilmente alle esigenze di un’arte veloce, dinamica e in costante divenire. Le sue strutture aperte, squadrate e luminose schiudono ancora oggi prospettive ampie e condivise, quasi come fossero lo schizzo di un nuovo modello sociale
Come molti intellettuali, artisti, scienziati, scrittori e attori, anche Walter, all’avvento del nazismo, dovette abbandonare la Germania alla volta degli Stati Uniti, dove continuò però la sua opera non lesinando l’impegno nell’ambito metodologico della didattica. Gropius morirà a Boston all’età di ottantasei anni. Di lui rimarranno per sempre le brillanti idee, che hanno aperto spazi decisivi nello sviluppo delle arti figurative e urbanistiche, e, soprattutto, quella potente aurea utopistica che continua a influenzare tutte le tensioni delle attuali derive artistiche.