14 Gen Once in a lifetime: John Dos Passos
Il 14 gennaio 1896 nasce a Chicago John Roderigo Dos Passos, di professione scrittore, reporter, pittore e poeta. Dos Passos è stato la voce critica dell’America degli anni ruggenti a cavallo tra le due guerre mondiali e alle prese con crisi economiche, industralizzazione di massa, “Grande depressione” e “New Deal”.
“Three Soldiers”
John era nato a Chicago negli ultimi anni di un secolo ancora eccitante. Suo padre avvocato gli aveva assicurato una buona istruzione. Si era così laureato ad Harvard ed era finito a studiare architettura in terra di Spagna, al di là dell’Atlantico. All’esplodere del primo conflitto mondiale, John si trasferisce sul fronte italiano nei ranghi della Croce Rossa Internazionale aggregandosi, quindi, al corpo di spedizione statunitense. L’Europa si trasforma davanti ai suoi occhi in un’enorme trincea di fango e dolore. Da quella durissima esperienza John ne esce estremamente provato. Quel profondo disagio lo invita a riflettere ed a scavare con la penna i fogli bianchi. Nel 1921 pubblica il frutto di quella lunga e dolorosa discesa agli inferi. “Three Soldiers”, suo secondo romanzo ma, di fatto, vero esordio, testimonia la grande sensibilità per i temi sociali e politici ed inaugura una fase di grande impegno. John racconta quella guerra complicata con gli occhi e il cuore di un musicista americano che, stanco di un’esistenza trascorsa nella vana attesa di qualcosa di straordinario, sceglie di imbracciare il fucile per ritrovare se stesso e tutti i valori di cui ha bisogno. Le cose, però, non andranno nel verso sperato e le atrocità del conflitto lo spingeranno a gettare le armi, a disertare ed a fuggire sino ad essere platealmente inseguito e arrestato dalla polizia. Quel discusso romanzo sulla libertà e sull’insensatezza della guerra aprirà nuovi scenari e lo metterà in contatto con un’America diversa, quella abitata dagli ultimi, dai disperati e da chi in guerra ci doveva andare solo per rimediare cibo e vestiti senza potersi nemmeno permettere il lusso di discutere dei propri ideali. Quel romanzo radicale, critico e libertario diverrà un simbolo generazionale, una sorta di manifesto della protesta e della ribellione di un mondo ancestrale, duro e perennemente affamato. Sarà attraverso quel filtro che John continuerà per anni a leggere le grandi trasformazioni sociali ed economiche dell’America del primo Novecento.
Un punto di vista diverso
Da lì in avanti John prenderà infatti a raccontare la dura frontiera, dando spazio al punto di vista degli ultimi, degli emarginati e degli homeless. Nei suoi libri gli svettanti skyline delle grandi metropoli finiranno con il fare i conti con le infinite distese di grigie baracche delle periferie e con la grigia miseria della strada nel seno di crescenti contraddizioni. Il romanzo seguente (“Manhattan Transfer”) e una manciata di successive commedie, che andranno a comporre la famosa “trilogia americana” (“Il 42esimo parallelo”, “1919” e “Un mucchio di quattrini”), apriranno uno squarcio lirico su anni difficili, dipingendo l’epopea dei wobblies, gli agitatori dell’Industrial Workers of the World, e degli hobos, e facendo drammaticamente i conti con carestie e disoccupazione, solitudine e desolazione. Il suo è un immaginifico e crudele ritratto di un’America di polvere e sudore, lavoro e sangue. Quella raccontata da Dos Passos è una terra di grandi opportunità ma anche di violenza e ordinarie meschinità, di grande solidarietà ma anche di rovinose cadute. Di quelle, in particolare, si occupa John, abile nel cogliere i risvolti più realistici, gli istinti più umani e le idealità nascoste, mescolando passione civile a sentimento.
Nelle viscere del sogno americano
Il suo è un viaggio nelle viscere del sogno americano, nelle sue deviazioni, nelle ombre e nelle derive costellate da ingiustizia e sfruttamento: un turbolento universo in tensione assai poco propenso all’ottimismo ma che comunque fatica a resistere alle lusinghe della modernità. Proprio come lui, che si metterà a battere gli stessi sentieri di Hemingway, Faulkner, Fitzgerald, Steinbeck ricorrendo, però, a registri e a tecniche narrative inedite e innovative, poi riprese e celebrate dai principali movimenti controculturali e letterari degli anni Cinquanta e Sessanta. La forza di Dos Passos risiede nella straordinaria vocazione plurale e collettiva delle sue storie, si agita nella grande capacità di tessere trame corali, di costruire ponti e intrecci tra esistenze frammentate e ambienti diversi, tra destini, fortune e inopinate cadute. Quel linguaggio diretto e quella capacità di affidare il presente e il futuro alle spalle dei suoi personaggi influenzeranno molti intellettuali e narratori come Mailer, Burroughs, Camus a Sartre. I suoi libri respirano la potente disillusione di promesse infrante, recuperano tensioni ideali e le rimettono in circolo come fossero le lampadine illuminate di un’enorme ruota della fortuna che ospita vagabondi e capitalisti del mattone, contrabbandieri e donne di strada, politici e operai, anarchici e poliziotti, grattacieli e stazioni ferroviarie. Da quel continuo e maestoso giro ad emergere infine saranno l’uomo, la passione per l’esistenza e un accorato grido di dolore per tutte quelle potenzialità sacrificate sull’altare dell’interesse di spregiudicati e corrotti affaristi.