13 Apr Once in a lifetime: Gerry Hitchens
Il 13 aprile 1983 muore a Hope, in Galles, Gerry Hitchens, di professione calciatore. Nel lontano calcio dei primi anni Sessanta l’impatto mediatico era ancora del tutto relativo e la fortuna dei calciatori si legava agli appuntamenti internazionali più importanti. In assenza di altre vetrine, campionati e amichevoli assicuravano a molti giocatori l’occasione della luce della ribalta. Spesso era quella della vita, quella che avrebbe potuto stravolgere percorsi e carriere, aprendo prospettive inedite e insperate, soprattutto se si voleva viaggiare per andare a vedere il mondo. La ruota del destino giocò molti scherzi e non pochi furono i calciatori che sull’onda di fortunate prestazioni trovarono quindi applausi, stima e mercato. Fu proprio questo il caso di Gerry Hitchens, giovanotto inglese di belle speranze, che, con la maglia della nazionale inglese guidata da Sir Walter Winterbottom, ebbe la fortuna di realizzare ben due reti a quella italiana di Giovanni Ferrari nel corso di un’amichevole all’Olimpico di Roma. Quei due gol furono il suo lasciapassare per l’eternità.
Italia – Inghilterra 2-3
Quella tra azzurri e inglesi è una rivalità atavica che ha origini lontane e profonde. E’ un’antica questione di supremazia, una sorta di sfida primitiva. Ecco perché le amichevoli sono tali solo sulla carta. Così fu anche quell’assolato pomeriggio del 24 maggio 1961. Quel giorno, infatti, fu partita vera. Da una parte gli azzurri di Sivori, Corso, Salvadore, Trapattoni e Brighenti, dall’altra la temibile armata bianca di Armfield, Greaves, Haynes e Charlton ancora in cerca di una vera identità. Finirà tre a due per gli inglesi grazie a due marcature di Gerry che coroneranno una magistrale e convincente prestazione. L’immediato interesse delle maggiori squadre italiane scattò ancora prima del fischio finale. Era quella un’epoca in cui Milan, Inter e Juve facevano il loro mercato in Inghilterra, contendendo alle squadre di Sua Maestà i talenti più promettenti. Accadde così che il nostro campionato si popolò di tanti giovani e acerbi fuoriclasse, come Law, Baker, Greaves e Charles, che riempirono spesso le pagine dei quotidiani non solo per le cronache delle loro gesta sportive ma talvolta anche per i resoconti di qualche spregiudicata scorribanda notturna. Per alcuni di loro furono solo passaggi veloci, per altri, invece, stagioni stabili e entusiasmanti.
Un figlio della working class
Gerry era un autentico figlio della working class. La bravura nel menare pedate a un pallone di cuoio lo aveva sottratto alla polvere nera di carbone delle miniere dove lavorava sette ore al giorno per guadagnarsi il pane scavando cunicoli interminabili alti meno di un metro e mezzo. Quell’esperienza gli aveva però forgiato il carattere, perchè Gerry aveva conosciuto la fatica vera, la paura, il mal di schiena e la silenziosa e dignitosa lotta per un salario da fame. Il pallone lo aveva salvato. Al pallone doveva tutto. Ecco perchè Hitchens in campo era un’incontrollabile furia. In ogni match si dimostrava generoso e inesauribile, sempre pronto a combattere su ogni pallone, recuperando la sfera e reggendo l’urto delle più furibonde mischie in area, perchè, per quanto impegnative e faticose fossero, quelle erano sciocchezze rispetto a ciò che aveva sopportato nell’umido ventre delle torbiere.
Milano e Torino
Gerry era un centravanti possente, bravo nel gioco aereo e poderoso con la palla tra le gambe. Con la maglia del Cardiff e poi dell’Aston Villa aveva fatto sfracelli nella Prima Divisione inglese arrivando, a suon di gol, anche alla nazionale. Quella splendida prestazione all’Olimpico segnerà per sempre il suo destino. Lo prende l’Inter mentre il suo collega di reparto Greaves finisce al Milan. Quella di Milano è però un’esperienza difficile e complicata, perchè Gerry fatica ad adattarsi al modulo di Herrera e subisce inoltre la spietata concorrenza di Mazzola. Anche se non gioca molto fa in tempo a conquistare un titolo. Poi, però, deve fare le valigie con destinazione Torino, sponda granata. Sarà qui che Gerry troverà grande continuità e prestazioni. Quella del Filadelfia è una piazza calda. E’ un pubblico sapiente e preparato che ha conosciuto un calcio leggendario e che mantiene un legame speciale con la squadra e i giocatori. Ed è proprio quella sua carica umana, quel suo cuore a fare breccia nei tifosi. Hitchens è la quintessenza del gioco inglese, è un agonista, uno che non molla mai, che risolve con la generosità e l’impegno anche laddove non arriva con la tecnica. E con gli applausi piovono anche le soddisfazioni, i gol e tre splendide stagioni che trascinano il Toro di Rocco a un terzo posto in campionato e a una storica semifinale di Coppa delle Coppe.
A spasso per l’Italia
Poi, fatalmente, inizia anche il fisiologico declino, in cui però c’è ancora spazio per l’Italia. Gerry indosserà infatti le maglie di Atalanta e Cagliari per altre quattro buone stagioni prima di chiudere la carriera, divenendo il calciatore inglese con il maggior numero di presenze in campionato. Hitchens continuerà a giocare e a divertirsi scendendo spesso in campo con la maglia di squadre minori e amatoriali. Il calcio rimarrà infatti un richiamo irresistibile. Singolarmente sarà proprio quel suo spirito indomito, quel suo modo assoluto di stare in campo e di dare tutto a segnarne anche la prematura fine. Gerry se ne va all’improvviso a soli quarantanove anni. Se lo porta via un infarto vigliacco mentre sta correndo a pieni polmoni sul terreno di gioco durante una partita fra vecchie glorie a scopo benefico. Nonostante quel drammatico epilogo, gli amici si consolarono convinti del fatto che Gerry non avrebbe mai potuto sognare finale più bello, mentre rincorreva sull’erba quella palla che gli aveva davvero regalato un futuro degno di quel nome.