27 Apr Once in a lifetime: Archibald Leitch
Il 27 aprile 1865 nasce a Comleypark, Camlachie, profondo East End di Glasgow, Archibald Leitch, di professione ingegnere e architetto. Fino alle soglie del Novecento la specialità di Archie fu quella di progettare navi badando a farle stare a galla e, soprattutto, a farle solcare veloci i mari. Quello era un mestiere rispettato, perché su quelle basi il Regno Unito aveva fondato secoli di egemonia culturale, leadership e influenza. Quell’attitudine cominciava al tavolo da disegno di ingegneri e progettisti e passava da compassi, da curve e accurati calcoli.
Radici ben piantate
Ma, come buona parte dei figli di Scozia, Leitch aveva radici ben piantate in terra e, più che alle distese oceaniche, era portato a pensare alle periferie e all’indiscriminato sviluppo edilizio delle città. Archibald era un visionario. Guardava ai grandi insediamenti urbani pensando in primis al benessere dei propri concittadini, che transitava sempre più anche dalle grandi passioni collettive del tempo. Perché anche Archie, come milioni di altri sudditi della Corona, si era lasciato stregare da uno sport emergente che andava rubando pubblico e consensi a cricket e rugby, aprendo nuove opportunità sportive e imprenditoriali. Negli ultimi anni del secolo il football è infatti già sport di massa, capace di richiamare l’attenzione di immense folle. Il successo che arriva con il diffondersi del professionismo coglie di sorpresa le stesse società che si affrettano a commissionare ai più brillanti architetti e ingegneri del tempo la realizzazione di nuove e capienti arene attrezzate dove poter assistere in sicurezza agli eventi. Fu così che il board del Rangers Football Club, memore della sua professionalità ma anche della sua passione, gli affidò il progetto di un nuovo stadio da erigersi nei dintorni di Ibrox Park, con l’obiettivo di farne il più grande catino che la Gran Bretagna avesse mai visto. Quell’incarico cambiò la sua vita futura e la sua carriera professionale passò dall’orizzonte d’acciaio delle grandi navi mercantili al profilo alato e ombroso di gradinate e tribune.
Il dramma di Ibrox
Nell’aprile del 1900 Leitch consegna a tempo di record il nuovo stadio di Ibrox ai Rangers e per dimostrare il suo attaccamento non chiede alcun compenso. Ma, malgrado gli attenti calcoli e l’estrema cura del progetto, la struttura, realizzata per buona parte in legno, non regge all’impatto dei sessantanovemila spettatori accorsi due anni più tardi, il 5 aprile 1902, ad assistere a Scozia – Inghilterra. Sottoposta ad un’enorme pressione, parte della tribuna collassa provocando la morte di 25 spettatori e il ferimento di altri 517. La modernità del primo Novecento e la corsa al progresso impongono prezzi gravosi e le cronache dell’epoca sono piene di drammi collettivi di questa portata. Leitch rimane estremamente scosso dalla tragedia, dovuta alla pessima qualità dei materiali impiegati dal costruttore, e chiede di rimettere mano al progetto. Straordinariamente gli verrà data facoltà..
Innovazione e bellezza
La coraggiosa fiducia con cui il club scozzese gli riaffida il progetto dello stadio fa la storia e rappresenta per Leitch la spinta decisiva a ideare e realizzare stadi sempre più accoglienti e sicuri. Furono proprio i suoi disegni e i suoi progetti a cambiare il volto al calcio inglese facendo di terreni fangosi e scivolosi un’occasione per praticare innovazione e bellezza. Perchè Leitch lavorava con rigore, semplicità e classe regalando a perfette geometrie rettangolari un’indistruttibile anima d’acciaio e affidabili coperture in legno. Ai lati della tradizionale “main stand”, la tribuna centrale, che si sviluppava su più piani tra decorazioni, balconate spioventi e tetti ondulati ad arco, dove campeggiava spesso il mitico “gable” con lo stemma della squadra, si aprivano capienti e spartane gradinate, le mitiche terraces, che, grazie all’utilizzo del cemento armato e di barriere, contenevano il moto della folla prevenendo il rischio di squilibri statici delle strutture. Lì, tra quelle basse gradinate, avrebbe respirato la storia.
Capolavori di praticità e funzionalità
Gli stadi progettati da Archibald si rivelarono un piccolo capolavoro di funzionale praticità diventando una sorta di moderna agorà. Dalla sua penna nacquero alcuni dei più straordinari impianti, dallo scomparso Highbury ad Anfield, da Goodison Park ad Old Trafford, da White Hart Lane a Bramall Lane, da Stamford Bridge a Villa Park, da Craven Cottage a Tynecastle. Gli stadi di Leitch, per buona parte, hanno resistito, pur con qualche necessaria manutenzione, ad un secolo di football, intemperie e modernità. Hanno retto egregiamente all’afflusso di pubblico e agli agenti atmosferici ma poco hanno potuto al cospetto degli accresciuti interessi economici e finanziari e così molti sono stati abbattuti e sostituiti da comode cattedrali di cemento senz’anima. Ecco perché, al di là della bellezza delle strutture e del loro disegno architettonico, essi sono diventati un presidio culturale e affettivo da difendere e promuovere. Il pregio principale di Leitch fu, infatti, tra tanti altri, quello di racchiudervi l’anima e il senso profondo di appartenenza che lega un club alla propria comunità. Per questi motivi sarò sempre grato alle sue visioni e ai suoi progetti almeno quanto lo sono stato alle infinite gesta di Best, Keegan, Dalglish e Bowles.