26 Lug Once in a lifetime: Aldous Huxley
Il 26 luglio 1894 nasce a Godalming, nel Surrey, Aldous Leonard Huxley, di professione scrittore, romanziere, umanista e saggista. Genio visionario e creatore, al pari di Orwell, del romanzo fantascientifico di natura distopica, Aldous Huxley è stato un coraggioso sperimentatore, un autorevole intellettuale e una delle voci libere del secolo scorso. Anche per questo, oltre che per le straordinarie opere, è diventato una musa ispiratrice per centinaia di artisti, pittori e musicisti.
Figlio di un conflitto irrisolto.
Come molti letterati della sua epoca, Aldous era figlio di un conflitto irrisolto. Proveniva infatti da una stirpe di scienziati che riponevano una cieca fiducia nella leggi deterministiche e nel darwinismo ma, sin dalla più giovane età, si era innamorato delle lettere e della fascinosa creatività dello scrivere. Era nato in una famiglia agiata che apparteneva all’alta borghesia ma ne rifiutò sin da subito i privilegi, prendendone pubblicamente le distanze e mettendo spesso in rilievo i pericoli di una società rigidamente suddivisa in classi. Questo critico dualismo lo condizionò per tutta l’esistenza. Aldous comprendeva che il censo che criticava così aspramente gli aveva permesso di studiare, di coltivare gli interessi culturali e, soprattutto, di inseguire una reale prospettiva di crescita. Dall’altro lato, però, si era anche convinto che tutti dovessero avere, senza alcuna distinzione di nascita, titoli o denari, le stesse identiche possibilità e le medesime opportunità, perchè quel mondo era di tutti e tutti vi avrebbero dovuto partecipare. Anche per questo decise, negli anni della maturità, di rimanere lontano dalla famiglia, stabilendosi a migliaia di chilometri di distanza dai suoi luoghi natali, in Italia e, quindi, poi, in Francia e in California.
Un destino fatale
Ad acuire quel singolare intreccio di critica sensibilità ci si mise anche il destino. La sorte si portò via la madre quand’era poco più che adolescente e, solo qualche mese dopo la sua iscrizione al prestigioso college di Eton, meta obbligata per tutti i rampolli della high society, gli fece contrarre una cheratite fulminante che si prese anche buona parte delle sue capacità visive, costringendolo a imparare il braille. Aldous avrebbe voluto fare il medico, ma dopo queste dure prove, recuperata in parte la vista, puntò solo a finire l’università non per trovare un impiego ma per pagare un debito morale con il padre e la famiglia e, soprattutto, per provare a guardare da un’altra parte.
Gli scenari futuribili e il quotidiano presente.
In quei difficili anni l’idea di cominciare a scrivere dei romanzi c’era già tutta. Doveva solo attendere il momento più adatto che arrivo al termine del percorso di studi. Aldous cercò di trasferire sulla carta tutte le tensioni ideali che lo agitavano. Buona parte dei suoi scritti sono espressione di un’inquieta attitudine al pessimismo, per via della sua consolidata convinzione che al tanto millantato progresso scientifico non conseguissero nei fatti anche un progresso sociale e un benessere collettivo. Il suo pensiero politico si formò osservando studiare la classe dirigente di domani, i suoi compagni di università che appartenevano a una generazione sfiorata solo in parte dalla prima guerra mondiale. Fu in quegli anni di formazione che il giovane Huxley intrecciò con grande pazienza tutti i nodi che costituiranno, in seguito, l’ossatura del suo assunto distopico, quello che lo renderà famoso in tutto il mondo e che risulterà decisivo nel determinare le rotte della letteratura di fantascienza. Come Orwell, Lem, Gibson e Dick, Aldous, infatti, traccia scenari futuribili e laterali per raccontare le criticità del quotidiano presente, per mettere in guardia il mondo da pericoli concreti, quelli legati ad un pensiero unico, alle dittature, al totalitarismo e al conformismo.
“Il Mondo Nuovo”.
Aldous si rivelò uno scrittore visionario. Raccontò, infatti, di un mondo felicemente consegnatosi ad una morbida e subdola dittatura che governa manipolando le menti e condizionando ogni settore del vivere sociale; un mondo che replica alla lettera i meccanismi di produzione del fordismo e che si lascia ossessionare dal capriccio della tecnologia e dalla razza, dalla genetica e dalla clonazione, dal controllo mentale e dagli slogan della propaganda. Quella società, che vive un’apparente e fittizia felicità fatta di benessere economico, senza più malattie e vecchiaia, senza più pensieri o affanni, in realtà, non è autentica né affatto libera ma è figlia della più bieca manipolazione. Aldous racconta tutto questo nel suo “Il Mondo Nuovo”. Lo fa ne 1932, molti anni prima, cioè, che le ombre lunghe dei macabri piani di Hitler e Stalin calassero sul Vecchio Continente e sul’intero globo. Lo fa dall’alto di una precisa coscienza dei fenomeni globali in atto ed avendo profeticamente compreso i guasti di un sistema di sviluppo che scommette periodicamente sulla crisi solo per ristabilire il precedente ordine delle cose, che frustra, quindi, ogni speranza di mobilità sociale e che governa populisticamente invocando ossessivamente i valori di “comunità, identità, stabilità”.
Le Porte della Percezione
Huxley diverrà uno scrittore molto seguito e applaudito, ma, al contempo, anche un personaggio discusso e discutibile, scomodo e mal sopportato dalle autorità statunitensi. Per tutto contro, Aldous rifiutò sempre la cittadinanza americana e non rinnegò mai tutto il profondo e illuminato scetticismo che aveva trasposto nelle sue opere. La sua strada lo avrebbe, infatti, portato da un’altra parte. Il fulminante incontro con Jiddu Krishnamurti lo introdusse alla meditazione filosofica, alla trascendenza e al misticismo, avvicinandolo alle sostanze psicotrope e agli allucinogeni. Fu seguendo quella strada che si ritrovò al cospetto delle “Porte della Percezione”. Sarà proprio quel discusso lavoro a influenzare molte generazioni seguenti, intellettuali, pittori, musicisti, bands come Beatles e Doors e tutta l’era psichedelica che, a partire dalla fine degli anni Sessanta, lo elesse a suo influente “padre nobile”. Aldous, però, non ebbe modo di capitalizzare quei tardivi consensi perché se n’era già andato. Morì, infatti, qualche anno prima, nel 1963, in quello stesso 22 novembre in cui a Dallas l’America “giustiziava” tragicamente il presidente JFK. Il suo grido contro le derive di un’edulcorata e finta modernità rimangono, ancora oggi, uno straordinario punto fermo nella letteratura del Novecento. “L’esperienza non è ciò che accade a un uomo: è cio che un uomo fa con quel che gli accade.”