19 Feb Once in a lifetime: Tony Wilson
Il 20 febbraio 1950 nasce a Salford, nei dintorni di Manchester, Anthony Howard Wilson, di professione discografico, manager, produttore e agitatore culturale. Dietro il successo di grandi artisti si celano spesso epocali intuizioni e il genio influente e silenzioso di abili menti. Anche il più originale e genuino dei talenti ha, infatti, beneficiato della discreta presenza di oscuri architetti sonori e folli alchimisti sociali che hanno agevolato e contribuito in maniera decisiva al positivo sviluppo delle circostanze. E’ capitato in molte rivoluzioni musicali, è accaduto in molte città. Così, sul finire degli anni Settanta, accadde anche a Manchester. La sua intera scena cittadina, infatti, beneficiò per anni dell’incontenibile ed esuberante talento di Tony Wilson, il cui personale destino finì con il sovrapporsi fatalmente a quello degli artisti che incrociava.
Una forza della natura
Tony era davvero una forza della natura. Aveva un sacco di strane idee per la testa e sembrava animato dal temerario ed ostinato coraggio di volerle realizzare, andando sino in fondo a dispetto del rischio, del denaro, del gusto del pubblico e addirittura del consenso. Perché Tony viveva le sue intuizioni senza curarsi troppo di renderle facili o digeribili. Aveva il passo e la tensione dei pionieri e degli esploratori, anche se poi, quand’era il momento di concretizzarle, improvvisava alla stessa maniera di un giovane alchimista a caccia della formula perfetta. Tony era un acrobata della creatività. Apriva porte buttando via le chiavi. Bruciava guizzi e intelligenza come alcol sul fuoco. Ma, soprattutto, coltivava brillanti idee e punti di vista. Perché a Tony piaceva ascoltare e vedere. Era un piccolo curioso genio alle prese con uno smisurato laboratorio. Era grazie a quella attitudine che riconosceva opportunità in ogni canale espressivo. Come quando si inventò di esportare la musica più radicale in “terra straniera”, portando il graffio impertinente dei suoni alternativi di Iggy Pop, dei Buzzcocks e dei Pistols sugli schermi e negli studi di Granada Television.
“So It Goes”
“So It Goes” divenne il più innovativo programma televisivo, certamente il più stravagante e trasgressivo. Rivoluzionò il linguaggio anticipando di almeno quindici anni la deriva postmoderna, il frammentarsi delle subculture giovanili, i clip e le contaminazioni di genere. Fece così da padre putativo ad una nuova sensibilità estetica, tenendo a battesimo riviste e giornali, fanzine e club. Ma Tony non si fermò a questo. Perché sull’onda di quell’incredibile giostra di nuovi fermenti musicali si lasciò anche affascinare dalla bislacca idea di un’etichetta discografica agile e indipendente che sarebbe stata diversa da tutte le altre. Perché quella factory si sarebbe dovuta reggere non sul profitto ma su radicali regole artistiche. Tony concepì così la prima etichetta composta da artisti per gli artisti all’insegna dell’autogestione collettiva, del “do-it-yourself” e della redistribuzione del guadagno, un singolare laboratorio artistico privo di risorse ma ostinatamente sempre alla ricerca del “bello”.
Gli anni della Factory
Con la Factory e con quel suo spirito d’avanguardia, Wilson cambiò volto alla musica e, soprattutto, alla promettente scena di Manchester. Tony spalancò le finestre facendo entrare una ventata di ossigeno, dando credibilità e spazio ad artisti inquieti e nervosi, seguendone l’inesorabile crescita sino a trasformarli in straordinari protagonisti. Wilson inventò uno stile ed un modo di vivere e di interpretare l’esistenza. Scelse le persone giuste per quell’avventura. Le andò a pescare tra quelle più scomode, le più ingestibili e creative. Lui, il geniale pazzo di Martin Hannett e il designer visionario Peter Saville crearono così il futuro, battezzando un suono e un immagine, oltre a dare una concreta fisionomia ad una manciata di incredibili idee e ad alcune delle più autorevoli band di area post-punk e new wave.
Senza badare a bilanci
La Factory produceva musica senza badare ai bilanci e alle necessità commerciali, lasciandosi irretire da idee sempre più straordinariamente temerarie e dando prova di una crescente, brillante e poetica incapacità gestionale. Come quando il team creativo approntò per il plurivenduto singolo dei New Order “Blue Monday” una copertina che, oltre ad essere una sensazionale opera d’arte contemporanea, conquistò anche il record del packaging più costoso. Pare infatti facesse perdere all’etichetta cinque penny ad ogni copia, risultando un’operazione talmente disastrosa a livello economico da portare l’intera baracca al collasso finanziario. Wilson riuscì così a compiere una delle più straordinarie operazioni commerciali di sempre passando alla storia per aver prodotto uno dei singoli più venduti di sempre e riuscendo, al contempo, ad indebitarsi per i decenni successivi. Perché Tony era fatto così. Se era convinto di una cosa non si fermava di fronte a niente. Tony non scendeva a patti né negoziava, piuttosto ci rimetteva senza scoraggiarsi, magari preparandosi a coltivare la prossima folle idea. Per questo, stagione dopo stagione, rimase saldamente al centro del vortice creativo anche quando la forza propulsiva parve attenuarsi, anche quando l’onda infine si abbassò e la risacca riportò buona parte delle cose al loro posto.
“Madchester” e la “Summer of Love”
Tony non rimase però ad attendere l’onda di ritorno. Così, dopo aver contribuito a diffondere nel mondo la trama fine del lessico decadente del post punk, si inventò, solo qualche stagione dopo, ispiratore e maestro delle acide scorribande degli Happy Mondays. Con la band di Shaun Ryder Wilson riprese a cavalcare le sue intuizioni diventando il carismatico cerimoniere della “Summer of Love” dei primi rave party, il genio senza scrupoli dell’Hacienda, colui che introdusse la nuova generazione di “Madchester” agli eccessi, alla sperimentazione e alla contaminazione tra ritmo e divertimento. Rimase sempre nei dintorni, a raccogliere tutti i cocci. Scomparve prematuramente nel 2007 per un cancro ai reni. Finì che le cure gli furono pagate dalle band della sua vecchia etichetta. A lui d’altro canto non era rimasto nemmeno un misero penny di tutta quell’eccitante avventura. Se ne andò come aveva sempre vissuto, senza pensare al domani. Ancora una volta, trovò però il modo di farlo da protagonista. Alla sua bara, infatti, i vecchi compagni di merende riservarono l’onore dell’ultimo numero di catalogo della Factory. L’opera FAC 501 venne tumulata nella fredda terra di Manchester e il buio scese così su un’irripetibile epoca di arte, musica ed idee.