18 Apr Once in a lifetime: Jochen Rindt
Il 18 aprile 1942 nasce a Mainz, sul Reno, Jochen Karl Rindt, di professione pilota automobilistico. I drammatici eventi della seconda guerra mondiale lasciarono un crudele solco nella sua fragile infanzia. Jochen, infatti, perse entrambe i genitori sotto un bombardamento e venne affidato ai nonni. Crebbe così a Graz, nella vicina Austria. Fu lì, alle pendici di montagne innevate, che si innamorò follemente della velocità. La vertigine delle ripide pendenze diventò per lui un irresistibile richiamo. Lo sci è infatti una passione autentica. Nel giro di pochi anni partecipa a tutte le gare del circondario vincendone buon parte. Per i tecnici Jochen è ben più di una promessa, ma due gravi fratture agli arti inferiori gli impediscono di proseguire oltre. Così, alla soglia della maggiore età, è costretto a smettere di sfidare la sorte dai pendii delle piste innevate. Deve trovare una buona alternativa. E’ allora che scopre la moto, le auto e i motori.
Una passione profonda
Ne nasce da subito una passione forte, clandestina e profonda quanto i sentimenti che lo legano alla famiglia. Inizialmente la coltiva di nascosto, preoccupandosi di non impensierire troppo i nonni, ma poi non riuscirà a trattenerla. Sarà una breve vacanza studio in Inghilterra a cambiargli la vita. Anzichè dedicarsi alla conoscenza dell’inglese, Jochen approfitta, infatti, della lontananza per prendere le prime lezioni di guida sportiva e imparare a correre. Quell’esperienza finirà per condizionare tutte le scelte future. Nonostante la giovane età non gli consenta ancora di prendere la patente, Jochen comprende cosa vuole fare da grande: diventerà un pilota. Così, non appena può, svende l’azienda di famiglia e, con i soldi ricavati, acquista una Simca Monthlery al volante della quale comincia a gareggiare nei rally. E’ il 1961 e le corse sono ancora un mondo a parte, pericoloso, romantico e pionieristico. Per gareggiare servono soldi, un buon mezzo e, soprattutto, del gran fegato. Rindt possiede tutte e tre queste cose.
Uno stile aggressivo ed esuberante
Jochen ha uno stile di guida spettacolare, aggressivo ed esuberante. Affronta le curve come se volesse correggerne il raggio, traversando la vettura e lavorando con il volante nel tentativo di recuperare trazione. E’ quel suo modo di pilotare a guadagnargli le attenzioni ammirate di pubblico e stampa. Rindt è un pilota appassionato, veloce e determinato che ha un unico grave problema. Non tollera infatti il nuovo casco integrale: racconta agli amici che gli fa venire il mal d’auto soprattutto nei tracciati più tortuosi e complessi. Preferisce di gran lunga quello aperto anche perché adora sentire l’aria che gli sferza le guance. E’ quella stilettata a ricordargli che è vivo, è quella carezza a rammentargli che sta sfidando il limite.
Una bruciante carriera
Rindt brucia le tappe passando dai rally alla Formula Junior e risalendo con successo tutte le categorie sino alla Formula 2. Gareggia alla pari con talenti del calibro di Stewart, Hill e Clark, a cui dà spesso filo da torcere tenendoli dietro in scia. Quelle prestazioni gli aprono le porte della massima serie. Gli esordi però non sono semplici: nonostante gli sforzi la Cooper e la Brabham non gli regalano soddisfazioni ed è solo grazie al suo grande talento se riesce a rimanere nelle code dei migliori. Ma il successo è dietro l’angolo. Jochen si consola infatti andando a vincere la “24 Ore di Le Mans”, in coppia con Masten Gregory, a bordo della Ferrari LM. La coppia domina la “classica” francese nonostante un guasto elettrico costringa la vettura ai box per più di un’ora. Quel suo stile sembra perfetto per il manager più spregiudicato e visionario del lotto. Colin Chapman deve infatti rimpiazzare il compianto Jim Clark e lo ingaggia mettendogli a disposizione una monoposto finalmente all’altezza delle aspettative. La Lotus 49 B, spinta dall’otto cilindri Cosworth, è fragile ed acerba ma fila come il vento. Jochen ne tira fuori il meglio e, quando non rompe, finisce sempre a podio. La stagione 1969 termina in un crescendo di risultati ed è ormai chiaro a tutti che, se Colin non commetterà pasticci, il binomio Lotus – Rindt sarà il più autorevole candidato a dominare la stagione successiva. Così infatti sarà.
Uno sfortunato campione del mondo
La 72c è un progetto estremo ed esasperato. Chapman progetta una vettura avveniristica, dalla scocca a cuneo alle barre di torsione sino ad un nuovo ed efficente impianto frenante. Dopo un inizio incerto, da Montecarlo Rindt e la Lotus primeggiano su tutte le monoposto avversarie mostrando una palese superiorità. Jochen e la sua guida estrema vincono cinque delle sette gare a disposizione, ipotecando così il titolo iridato. Ma poi arriva Monza, il circuito più difficile e crudele, il tempio della velocità. Jochen non conosce mezze misure e non si limita a tenere a bada gli avversari. Quando si accomoda nello stretto abitacolo della Lotus non fa sconti a nessuno, né in gara né in prova. Sabato 5 settembre 1970 sta girando in pista a caccia del miglior tempo. Sta andando fortissimo. La 72c percorre il lungo rettilineo che precede la parabolica alla massima velocità. La monoposto procede tenendo la destra. Poi, all’improvviso, scarta violentemente di lato puntando il muso verso il guard-rail. L’atroce e beffardo destino vuole che la vettura di Rindt infili la ruota sinistra in una buca. L’effetto della rotazione innescata dalla brutale decelerazione è devastante. La Lotus perde tutto l’avantreno e inizia una serie di violente piroette finendo la propria corsa nella ghiaia. Rindt viene estratto dai resti dell’abitacolo in condizioni disperate. Il suo cuore smette di battere solo qualche minuto più tardi sull’ambulanza che lo trasporta in ospedale. Per la prima volta il titolo di campione del mondo viene assegnato postumo alla memoria. Nelle ultime gare della stagione il suo compagno di squadra Fittipaldi resisterà infatti agli attacchi di Jackie Ickx impedendogli di recuperare i punti necessari a superare quelli accumulati da Jochen. Rindt vincerà il suo titolo entrando così nella storia e nell’albo d’oro dei migliori di sempre.